La vitalità di un carisma
Per capire la cultura del nostro tempo occorre imparare a guardare che cosa sta accadendo dentro le organizzazioni, soprattutto in quelle grandi, nelle imprese, nelle banche, nelle società di consulenza globale. Ma occorre anche imparare a guardare alla presenza, e ancor più all’assenza, di ideali più grandi delle persone, che spesso sono capaci di dar vita anche a organizzazioni e comunità diverse da quelle che nascono soltanto per la ricerca del lucro. Questo libro è dedicato alle organizzazioni e agli ideali, in particolare a quelle esperienze che per natura e vocazione devono tenerli assieme. Sono le cosiddette organizzazioni a movente ideale (OMI), i movimenti e le comunità nate da quelli che chiameremo carismi […]
Le OMI, e ancor più le comunità e i movimenti carismatici, sono luoghi dove le motivazioni delle persone sono il fattore decisivo e l’intera vita organizzativa – inclusi i ricavi quando abbiamo a che fare con agenzie economiche – dipende da come cambiano, evolvono o si deteriorano le motivazioni delle persone, in particolare quelle di alcune figure-chiave: fondatori, dirigenti, e in generale di quelle persone che incorporano nei propri valori individuali quelli dell’organizzazione.
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I carismi non sono mai stati una faccenda puramente religiosa. Sono molto di più. Il loro compito è rendere più bella la terra, non solo le religioni e le chiese. Ieri e oggi la loro acqua è quella delle fontane pubbliche, non solo quella delle acquasantiere e dei fonti battesimali. Ma oggi, molto più di ieri, molti carismi vivono al di fuori dei confini visibili delle chiese e delle religioni, eppure continuano sempre a svolgere la loro funzione essenziale di charis, di profezia, di bellezza. Al tempo stesso, ieri, oggi e sempre, attorno ai carismi si sviluppano dinamiche sociali, etiche e spirituali molto delicate e spesso pericolose, perché la loro forza immensa può essere orientata, quasi sempre senza intenzionalità, a fini dannosi per le persone e per le stesse realtà carismatiche.
I carismi e i movimenti da questi generati sono come i vecchi palazzi delle nostre città medioevali. Diversamente dalle ville dei nobili, che ci sono arrivate più o meno nella forma con la quale sono state costruite, i palazzi popolari del centro di Roma o di Lisbona hanno certamente qualcosa della prima costruzione antica, ma le varie generazioni di abitanti li hanno cambiati, modificati, alzati, ristrutturati, a volte suddivisi tra rami della stessa famiglia. Sono rimasti vivi grazie al loro trasformarsi, e in essi coesistono oggi l’impronta originaria dell’architetto che le progettò insieme alla creatività e alla forza vitale di chi ha abitato quel luogo nei secoli, lasciando la propria impronta.
Ma è proprio in questo bisogno di rinnovamento e di ristrutturazione che s’incontrano le difficoltà più grandi. Il rinnovamento di una comunità carismatica è tanto cruciale quanto improbabile, perché le istituzioni che nascono dal carisma per mantenerlo vivo e servirlo finiscono per diventare lo scopo ultimo del movimento stesso. Ci si dimentica presto, e quasi sempre, che le strutture, le opere, gli statuti erano nati per servire il carisma e quindi gli ideali di cui era portatore, e così lo sviluppo e la crescita dell’opera creata diventa il fine ultimo del carisma. Si nasce, ad esempio, con l’ideale di contribuire alla evangelizzazione del mondo, e al termine del ciclo di vita dei fondatori si finisce con investire tutte le forze per mantenere in piedi la struttura, lasciando gli ideali sempre più sullo sfondo, dandoli troppo per scontati.
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Un carisma inizia il suo declino quando diventa ideologia, cioè quando si fa diventare il carisma (che, per quanto grande è sempre una parte non la totalità) la spiegazione di tutta la realtà. Lo si sgancia dal contesto dal quale è nato (una chiesa, il vangelo…), e diventa interamente autoreferenziale, senza avvertire più il bisogno di essere messo in discussione e di essere purificato da realtà diverse e più universali. Distinguere il carisma dall’ideologia del carisma è un processo decisivo, delicato ma indispensabile per salvare il carisma da se stesso, farlo maturare in tutta la sua bellezza e potenzialità.
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Nello sviluppo del nostro discorso, pagina dopo pagina, e in particolare a partire dal capitolo quattro, diremo in vari modi che una comunità o un movimento carismatici restano vivi finché mettono i loro abitanti nelle condizioni – sempre esigenti e mai scontante – di poter abbellire, ristrutturare, dipingere, e anche rimodulare l’edificio. Finché una comunità concede ai suoi membri la possibilità di poter creativamente ristrutturare l’immobile, di poter esercitare quella che l’economista Joseph A. Schumpeter chiamava «distruzione creatrice», la qualità della vita di questa comunità resta alta e dinamica. Quando invece questa possibilità e questa libertà mancano, le note dominanti diventano la tristezza e la morte della creatività. Fuori da questa possibilità, rischiosa e vitale, gli scenari possibili sono o la distruzione del palazzo o la vendita ad altri proprietari dello stabile e quindi lo smarrimento della propria identità e storia. I movimenti carismatici che si sono mostrati vivi e longevi sono quelli con delta plurali e con molti rivoli. Gli estuari monolitici, compatti e monotoni hanno vita breve. È la biodiversità la legge della vita, di ogni vita sotto il sole.
da "La distruzione creatrice. Come affrontare le crisi nelle organizzazioni a movente ideale" (Città Nuova, 2015)