La vita: un’opera d’arte

A proposito dell’articolo “Dal limite il di più” di Giulio Meazzini, pubblicato sul n. 17/2011.
Davide di Michelangelo

Disabilità

 

«Ho letto e apprezzato l’articolo. Sono psicologo psicoterapeuta, responsabile del “Servizio integrazione sociale e lavorativa persone con disabilità” della Asl di Taranto. La mia proposta è fare della propria vita un’opera d’arte: all’epoca in cui Michelangelo creò il suo David, giaceva da anni, nell’atrio della Signoria, un’enorme blocco di marmo al quale diversi artisti avevano cercato, invano, di lavorare, lasciandolo alla fine nel cortile, scalfito e con un’enorme buco, residuo di uno dei tentativi falliti di qualche artista. Alla vista di quel marmo Michelangelo rimase colpito. Dopo reiterata insistenza, riuscì ad ottenere l’incarico e diede vita al David, opera costruita proprio intorno a quel buco.

 

La stessa cosa accade nella vita dell’uomo: cresciamo plasmati dalle mani di tante persone, spesso poco attente al materiale su cui lavorano. Ognuno di noi ha un buco nella propria esistenza, che può essere un dolore, un’aspettativa disattesa, un deficit mentale, una minorazione fisica. A volte questo buco viene riparato totalmente, a volte solo in parte ed ognuno deve fare i conti con quel buco, la cui presenza porta spesso ad essere abbandonati, come il blocco di marmo di Michelangelo. Dobbiamo diventare, ognuno di noi, artisti della nostra vita, facendo dell’esistenza un’opera d’arte costruita intorno a quel vuoto.

 

«Credo interessante aggiungere anche le parole di Michele de Vita, coordinatore Cup dell’Asl di Taranto: “Ho 42 anni e sono affetto da sclerosi multipla. La disabilità sicuramente pone dei limiti, crea difficoltà e disagi, ma sicuramente apre prospettive magari inaspettate, sconosciute allo stesso disabile. Penso che l’inserimento nel lavoro possa costituire per il disabile un’ottima opportunità, perché egli ha bisogno di trovare una propria collocazione all’interno della società, e sentirsi appropriato nelle diverse condizioni della vita e del quotidiano. L’integrazione lavorativa della persona diversamente abile non deve essere considerata come una sorta di ripiego, nel senso che impegniamo questa persona così non sta a casa.

 

Ritengo indispensabile un convergere di tutte le forze sociali, ma anche di tutti i sentimenti di un’intera società, per far sì che nel mondo tutti siano considerati soggetti, persone allo stesso modo”.

«Mi piacerebbe interagire con gli intervistati e con il gruppo che hanno costituito, per avere da loro un feedback su questo contributo e continuare a scambiare idee».

Donato Salfi (donato.salfi@alice.it)

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