La vita riprende a Tripoli, ma…

Aria nuova nella capitale libica, ma l’incertezza sul futuro non diminuisce
Libia torna alla normalità

Lo raggiungo al telefono, mentre in auto si reca all’Ospedale centrale di Tripoli, per celebrare una messa per la comunità di 300 filippini cattolici che lavorano nel nosocomio. La sua prima uscita dal compound della parrocchia cattolica dopo il suo ritorno in Libia, mentre sullo sfondo si ode il muezzin che invita alla preghiera. La voce è stanca, forse timorosa, ma con una gran volontà di dare speranza. Mons. Giovanni Innocenzo Martinelli è di nuovo a Tripoli, per sostenere e animare la comunità cattolica – totalmente straniera – che è rimasta nel Paese anche durante la guerra, che ora sembra essersi allontanata, almeno per il momento.

 

«C’è aria fresca – mi dice –, si respira meglio, la tensione si è allentata, i bombardamenti si sono allontanati dalla capitale, per concentrarsi nelle poche città dove la resistenza delle truppe fedeli a Gheddafi riescono ancora a resistere. Ma ormai la sorte del rais sembra segnata definitivamente».

 

Aria migliore anche dal punto di vista logistico? «La vita riprende il suo corso – è incredibile come le persone siano capaci di ricominciare a vivere! –, e le penurie delle scorse settimane sono finite, almeno qui a Tripoli. Il cibo c’è grazie a Dio, ma soprattutto è importante la serenità della gente che non deve più aspettare che gli aerei se ne vadano per tirare il fiato».

 

E nella politica? «È tutto ancora molto fluido. Non c’è governo, ma fortunatamente l’Assemblea provvisoria che cerca di governare la città pare avere qualche successo nel gestire la vita quotidiana. Certo, c’è da pregare perché le divisioni tra i “ribelli” è molto profonda, e non si sa quello che potrà venir fuori dalle trattative interminabili che sono state messe in atto dalle varie componenti. Speriamo che non esplodano nuove violenze tra le parti».

 

L’Italia a Tripoli? «L’ambasciatore è qua, tra pochi giorni arriverà anche il nunzio. Si riprende a vivere anche noi italiani, e si attende. Ma non abbiamo molti contatti con l’altra parte della Libia».

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