La vita dagli occhiali di Emma Dante
Tre pezzi teatrali legati dalla marginalità e dal disagio, storie ambientate dalla regista nella sua Sicilia.
Si intitola “La trilogia degli occhiali” la nuova fatica della regista e autrice palermitana Emma Dante, fresca di debutto al san Ferdinando di Napoli. Tre piéce autonome, legate dal tema della condizione di marginalità e di disagio dei protagonisti delle storie. Tutti i personaggi inforcano gli occhiali: un universo di “mezzi cecati”, malinconici e alienati che si dibattono tra povertà, malattia, e vecchiaia. Creature che usano gli occhiali per difendersi dal mondo e per guardarlo come meglio credono.
In Acquasanta, un uomo si àncora sul palcoscenico, a prua di una nave immaginaria. Esperto nel manovrare gli ingranaggi che muovono la nave, ‘o Spicchiato si salva dalla finta burrasca che mette in scena per rievocare i ricordi della sua vita di mozzo. È imbarcato dall’età di 15 anni e da allora non scende sulla terraferma perché è un’illusione. Un giorno la nave salpa senza di lui, lasciandolo solo e povero sul molo di un paese straniero: la terraferma. Proprio lui che giù dalla nave si sente perso, che ha votato la sua vita alla navigazione, che giorno e notte ha bisogno di parlare con il suo unico grande amore: il mare. A forza di aspettare, il mozzo, diventa di legno come polena di un vecchio galeone.
Nel Castello della Zisa, Nicola ha gli occhi aperti, ma non vede. Vive in un istituto assistito da due donne: una giovane e una anziana, che tra una preghiera e l’altra lo puliscono, lo sfamano, lo rimproverano e lo stimolano con alcuni giocattoli, lanciandogli palle, palline e hula hoop. In uno stato catatonico, Nicola sta seduto su una piccola sedia e ricorda l’infanzia quando davanti alla finestra contava i diavoli appollaiati sul tetto e difendeva il castello. Ma un giorno, Nicola, guardiano del castello con la maschera di drago e i guanti di artigli, viene spodestato. Allora s’incanta, per sempre.
Ballarini è, invece, una storia d’amore. In una stanza, una vecchia donna è china su un baule aperto. Si alza con in mano una spina elettrica e una presa; non appena le collega sopra la sua testa si accende il firmamento.
Da un altro baule appare un uomo vecchio che la guarda e le sorride amoroso. Lui si avvicina a lei. Ballano. Lui estrae dalla giacca un orologio da taschino e, al rintocco della mezzanotte fa scoppiare un piccolo petardo. Poi estrae una manciata di coriandoli. Li lancia in aria, festoso. La guarda. Lei lo guarda: “Tanti auguri, amore mio.” Ridiventano giovani e, sulle note di vecchie canzoni festeggiano l’arrivo di un nuovo anno ballando a ritroso la loro storia d’amore.
Un’opera quella della Dante che ripercorre le tappe della vita dell’umanità, ambientate però nella sua Sicilia, terra dove le contraddizioni si fanno sempre acute, come le storie messe in scena dalla regista siciliana.
La trilogia degli occhiali di Emma Dante al teatro San Ferdinando di Napoli fino al 6 febbraio. Poi in tournèe a Liegi (Belgio), al Crt di Milano, al Palladium di Roma, e in altre città tra cui Vicenza, Cagliari, Genova, Torino, Asti, Rouen (Francia) e Mosca.