La Vita Cronica a Roma

L’ultima produzione dell’Odin Teatret, drammaturgia e regia di Eugenio Barba, è un’intensa, colorata, viva riflessione sulla vita, sulla morte, sull’uomo.
Odin Teatret - locandina dello spettacolo

Nell’Europa del 2031, dopo la terza guerra civile, individui e gruppi con retroterra diversi si ritrovano insieme e si scontrano, pressati da guerra, disoccupazione, emigrazione.

La trama potrebbe essere così semplificata, ma come nella migliore tradizione del gruppo danese, la performance è attraversata da numerose suggestioni: la musica, gli oggetti di scena, i costumi diventano parte viva nella costruzione della storia, snodata attorno agli attori che popolano la scena.

Una scena a corridoio, con gli spettatori disposti sui due lati. La piattaforma lignea che occupa il centro della scena è il luogo delle apparizioni: gli attori vi si muovono come su una zattera circondata dall’oscurità, in un andirivieni dentro e fuori dallo spazio che fa sentire lo spettatore come circondato. Lo spazio così organizzato, ricorda il teatro medievale di strada.

Nella mansion che fa da sfondo, dei ganci appendono gli oggetti i quali, una volta usati dagli attori come strumenti vivi del racconto, migrano dalla scena agita all’immobile simbolo: il continuo gocciolare di una lastra di ghiaccio lasciata a sciogliersi sullo sfondo, la padella della donna immigrata (Julia Valerey), il pane che l’infelice donna occidentale (Roberta Carreri) mangia e sputa mentre rassetta la casa e tenta il suicidio; il fantoccio in tuta mimetica che un’oscura presenza (Iben Nagel Rasmussen) anima e fa interagire con gli altri protagonisti.

E poi il senso di festa, la musica declinata in tutte le sue forme, con la presenza di strumenti insoliti e il canto corale che accompagna numerose sequenze dell’azione, immerge lo spettatore in un’atmosfera in cui non c’è un confine così chiaro tra quanto avviene sulla scena e quanto avviene intorno alla scena. La pura dimensione narrativa è superata e trascesa attraverso la costruzione di immagini simboliche e poetiche che parlano al cuore e all’anima prima che all’intelletto. La commozione si mescola alla sorpresa, in un continuo susseguirsi di voci, suoni, immagini.

Uno spettacolo che non resta isolato, ma che si inserisce in un progetto più articolato di discorso sul teatro che, fino al 15 marzo, sarà costellato da appuntamenti e incontri con gli attori dell'Odin Teatret e con studiosi di teatro, per ricostruire insieme le tracce di un percorso che ha segnato un nuovo modo di fare e guardare il teatro come luogo di incontro e scambio, culturale e umano.

dal 27 febbraio al 3 marzo al Teatro Vascello di Roma

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