La visione interiore

L’attualità degli slanci e dei disagi espressionisti.
E. L. Kirchner "Marcella"

I capolavori del Brücke Museum di Berlino esposti a Villa Manin ci propongono l’arte dei protagonisti dell’Espressionismo tedesco.

Era il 1905 quando tre studenti di architettura diedero vita a Dresda a un nuovo movimento artistico: Die Brücke,“Il ponte”. Un ponte che scavalca idealmente l’accademia ottocentesca per collegarsi all’arte della Germania medievale e che, gettato verso il futuro, arriva fino a noi perché, ancora oggi, l’arte di Kirchner, Heckel e Schmidt-Rottluff grida alla rivoluzione. I colori esplodono puri, brillanti, pronti a uscire dal contorno nero nel quale non vogliono restare intrappolati. Corpi e paesaggi sono trattati in modi asciutti e piatti. Una sintesi formale che non vuole allontanarsi dalla realtà ma piuttosto guardarla nel profondo.

 

In tutti gli spostamenti e le “stagioni” di questo movimento artistico, questa è sempre stata l’attesa più impellente: rendere visibile ciò che si nasconde dentro le persone e sotto la pelle delle cose, esprimendo i sentimenti, le passioni, le gioie e i tormenti che abitano l’uomo e, in primis, l’artista. «Il compito principale dell’artista consiste nell’indagare i moti più profondi». Le parole utilizzate dagli artisti del Die Brücke per invitare Nolde a unirsi a loro guidano la visione di queste opere che vogliono esprimere l’interiore, il profondo. I soggetti potrebbero ricordare i temi cari agli impressionisti: paesaggi, ritratti, modelle, eppure l’atteggiamento nei confronti della vita e del mondo è completamente differente.

 

L’entusiasmo che accompagna il nascere del nuovo movimento artistico, dirompente nello stile come nei modi di vivere, lascia presto il posto a un atteggiamento impegnato, in particolar modo nelle opere realizzate a Berlino. La svolta stilistica è condivisa, anche se in maniera diversa, da tutti gli espressionisti, anche dalle nuove leve. Nei paesaggi di Pechstein, nelle figure di Rottluff o di Heckel, le forme rotonde dell’Atelier sono scalzate da linee spezzate, le luminose stesure cromatiche da tinte cupe. I personaggi e le tante figure femminili si presentano in modo nuovo; le forme non sono né morbide né indulgenti e si piegano invece nella violenza di linee scheggiate e spezzate. La comunicazione fra i soggetti è spesso negata, anche l’uomo può diventare ostile all’uomo.

 

Un nuovo e inatteso senso di disagio emerge anche sul tema della città. L’ottimismo nei confronti delle nuove metropoli cede il passo a uno sguardo critico che suggerisce – e a volte grida – la condizione stessa dell’uomo che vi abita. Kirchner, capofila degli espressionisti, non dipinge la città come un luogo piacevole. Gli incroci dei grandi viali disegnano spigoli violenti e insidiosi. In uno spazio invivibile l’uomo è ridotto a una silhouette precaria, incerta, disorientata. Le prospettive vertiginose inghiottono lo spettatore senza lasciargli scampo, trascinandolo in uno spazio dove gli uomini corrono senza incontrarsi mai.

 

A distanza di un secolo lo scenario è cambiato, ma la visione degli espressionisti sulle cose e sull’uomo è ancora attualissima. In quei colori e in quelle forme è possibile leggere un anelito che, ancora oggi, attende la sua risposta e la sua realizzazione.

 

“Espressionismo”, Villa Manin, Passariano di Codroipo (Ud), fino al 4/03/2012; catalogo: Linea d’ombra.

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