La Villa romana del Casale

A Piazza Armerina, nel cuore della Sicilia, un gioiello che il mondo ci invidia è tornato a nuova vita in seguito ad un radicale restauro
Particolare di un mosaico della Villa del Casale di Piazza Armerina

Dopo Pompei, il sito archeologico più visitato d’Italia è, nei pressi di Piazza Armerina (provincia di Enna), la Villa romana del Casale: immenso complesso del III-IV secolo dopo Cristo, digradante sulle pendici del monte Mangone e articolato in un quartiere termale, uno servile e per gli ospiti ed uno padronale, con                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        peristili, ambulacri, stanze di riposo e soggiorno, di cui ci sono pervenuti nella quasi totalità gli splendidi mosaici pavimentali. E proprio a tale apparato decorativo che vede rappresentate vivaci scene di caccia, pesca o vendemmia, corse di carri, danze, giochi di giovani donne, scene cruente o di serena distensione, raffigurazioni mitologiche ecc. è affidata la fama di questa lussuosa dimora tardoantica, dal 1997 inserita nel patrimonio Unesco.

Quando anni fa ho avuto modo di visitarla, sul momento mi erano apparse geniali le tettoie e pareti in plexi-glass che ricostruivano idealmente, nelle linee essenziali, ciò che si era perduto dell'elevato dei muri, come pure le passerelle collocate sul colmo dei muri che consentivano di ammirare dall’alto i mosaici senza doverli calpestare: opera di un restauro degli anni Sessanta, per l’epoca innovativo, dovuto all’architetto Franco Minissi. Purtroppo l’effetto di serra freddissima d’inverno e caldissima d’estate che derivava dalle moderne protezioni, oltre a costituire un notevole disagio per i visitatori, si sarebbe rivelato micidiale per l’integrità dei mosaici, aggiungendosi all’infiltrazione di umidità nelle murature per il mancato drenaggio delle acque.

Da allora l’urgenza di trovare una soluzione a tali problemi ha scatenato un acceso dibattito culturale tra opposte scelte progettuali, che si è placato solo nel 2006, quando sulla scorta delle linee guida tracciate da Vittorio Sgarbi, all’epoca alto commissario della Villa, hanno preso il via i primi interventi per assicurare la sua definitiva tutela. Il restauro, da poco concluso, riprende l’idea originaria di Minissi, ma secondo criteri innovativi.

Nel frattempo, di questa magnifica dimora rinata a nuova vita sono state messe in luce nell’area sud strutture risalenti alla fase bizantina, islamica e normanna, quando essa, ormai ridotta a rovina, subì molteplici trasformazioni per necessità difensive, abitative e artigianali, dando vita al villaggio medievale di Palatia (da cui Platia e infine Piazza: origine della attuale Piazza Armerina, ricostruita nel 1163 nel sito attuale).

Su questa vicenda plurisecolare, compresa la storia delle campagne di scavo, ci informa ora la guida ufficiale del sito, a cura di Giada Cantamessa: La Villa romana del Casale di Piazza Armerina (Ed. Kalòs), che si segnala per la facile consultazione, per l’accurata descrizione di ogni singolo ambiente (con annessa piantina e, per i più importanti, una ricostruzione virtuale) e per l’interpretazione degli ornati parietali e pavimentali (questi ultimi estesi per circa 3.500 metri quadrati). Il volume dà anche voce – ed è l’aspetto non meno interessante – agli storici e agli archeologi che hanno studiato questa dimora, formulando a volte le più disparate ipotesi circa il suo ruolo strategico all’interno di un esteso latifondo lungo la via di comunicazione tra l’Africa e Roma, e specialmente sull’identità del misterioso dominus che abitava questo luogo.

Chi era costui? Certamente un personaggio di primo piano, se non addirittura un imperatore (si è fatto il nome di Massenzio) a giudicare dall’estensione e sontuosità della Villa, e in special modo da un ambiente che ha tutte le caratteristiche di un salone pubblico di rappresentanza, collocato in posizione dominante rispetto agli altri: la cosiddetta basilica.  Di 13 metri di larghezza e oltre 29 di lunghezza, nell’abside di fondo ospitava il seggio del dominus durante le sue udienze e, probabilmente, anche una statua di Ercole (ne è stata rinvenuta solo la testa), le cui virtù divine erano simbolicamente trasferite al dominus stesso. Il restauro moderno ne ha ricostruiti in legno il soffitto a cassettoni e il catino dell’abside, restituendo i volumi. Indizio della sua eccezionale sontuosità, sul modello delle basiliche dell’Urbe, sono i frammenti del prezioso rivestimento policromo delle pareti e del pavimento, realizzato con marmi provenienti da tutte le regioni del Mediterraneo, come pure le tessere di mosaico in oro e pasta vitrea relative al catino absidale.

La sistemazione a verde dell’area circostante la Villa, dotata oggi di un sistema di sicurezza all’avanguardia, si aggiunge alle rinnovate coperture secondo un progetto di restauro che non mancherà di far scuola in questo campo.

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