La via naturale dell’amore
La Confederazione Italiana dei Centri per la regolazione naturale della fertilità si sente chiamata in questo particolare momento storico a prendere posizione – per quanto le compete – dinanzi al dibattito scaturito in occasione del sinodo sulla famiglia, e in particolare circa la dottrina esposta in Humanae Vitae. Se molti aspettano una parola di conferma, molti altri invece sembrano attendere dalla Chiesa una presunta – cosiddetta – “apertura” al riguardo, ossia un cambiamento radicale della dottrina sulla contraccezione.
La Confederazione tiene da subito a precisare che Humanae Vitae non è banalmente l’enciclica sulla contraccezione o sul divieto posto all’utilizzo della contraccezione, ma un grande inno all’amore coniugale, un testo cioè che racconta la pienezza e la bellezza, in una parola la verità dell’amore coniugale.
È bene puntualizzare che i metodi naturali non sono un dono semplicemente per i credenti, e anche se forse solo la Chiesa ha investito molto in questa direzione e promosso e sollecitato la ricerca scientifica sui metodi naturali, è senz’altro vero che essi non sono un prodotto della Chiesa, né una sua invenzione. I metodi naturali, infatti, poggiano originariamente e originalmente sulla struttura stessa dell’essere umano, sulla sua differenza di maschile e femminile, e sulla dinamica naturalmente inscritta nell’unica verità della sessualità coniugale possibile, quella tra uomo e donna, in ogni suo atto.
In questo senso Humanae Vitae non fa che riconoscere quello che da sempre appartiene all’essere umano, ad ogni essere umano e alla coppia, il che significa che la proposta dei metodi naturali è per tutti e a disposizione di tutti, in altre parole e con un linguaggio moderno è laica e aconfessionale. In tale direzione il rifiuto della contraccezione non è banalmente un divieto incomprensibile e disumano, ma la logica conseguenza del grande “sì” detto alla pienezza e bellezza dell’amore. Il metodo naturale altro non è che l’apprendimento dell’alfabeto in cui è scritta la fisiologia della sessualità umana.
Chi pensa che il metodo naturale sia l’ennesima imposizione dall’alto, moralistica della Chiesa cattolica, un principio che stritola e schiaccia la persona, dimostra di non aver compreso cosa siano i metodi naturali: i metodi non si usano come fossero qualcosa di estrinseco rispetto la persona, ma si vivono nella dimensione della coppia, si abitano; e chi fa tale esperienza, fa l’esperienza di sentirsi a casa, perché non fa altro che essere radicalmente se stesso nel proprio corpo e con il proprio corpo. Non solo! Essi proprio attraverso il rigore scientifico di primissimo livello che oggi hanno potuto raggiungere, se da una parte permettono il rinvio e la distanziazione delle gravidanze, favoriscono altresì la ricerca della gravidanza, mostrando ancora una volta – insieme alla loro altissima efficacia tecnico-scientifica – di essere a disposizione della dilatazione della generosità delle coppie, e concretamente di un amore che è aperto all’accoglienza del figlio, quale frutto dell’amore.
Quando invece un uomo e una donna fanno uso di contraccezione non fanno che, rifiutando il dono della vita, rifiutarsi reciprocamente poiché non si donano né si accolgono nella totalità di quello che sono: l’uno rifiuta di donare all’altro la propria fertilità nel momento stesso in cui rifiuta anche di accogliere la fertilità dell’altro. Il significato primo della contraccezione – è bene chiarirlo – non è infatti anti-concezionale, ma anti-coniugale, proprio perché ci sottrae, ci deruba dell’esperienza del dono e accoglienza totali l’uno dell’altro nella misura in cui ci adultera, non ci fa essere davvero e radicalmente noi stessi e non ci fa accettare l’altro nella sua radicale realtà, così come egli o ella è e si trova ad essere. Nella contraccezione, la sessualità appare esattamente come la negazione di se stessa: far sesso con un altro rifiutando l’altro… è autocontraddittorio: se la sessualità è per sua natura slancio verso l’altro, nella contraccezione la sessualità viene ad essere vissuta in maniera autoreferenziale per cui si “fa l’amore in due”… per vivere “il piacere” da soli.
Non è quindi vero che “l’amore è amore” e che “l’importante è amarsi”, al di là delle espressioni concrete. Non è vero che ogni coppia è libera di decidere quale strumento di gestione (regolazione/negazione) della fertilità è a lei più adeguato, perché l’amore ha bisogno di dirsi nel darsi, nel donarsi e accogliersi non solo sinceramente – come dimensione intenzionale soggettiva – ma anche veramente – come dimensione oggettiva, che attesta nella carne la verità concreta del dono e dell’accoglienza: non basta il desiderio di mangiare per sfamarsi, come non basta il cibo a rendere piacevole una cena.
Chi ritiene che i metodi naturali non siano per tutti; chi ritiene che non siano utilizzabili da tutti; chi ritiene che non possano essere proposti a tutti… chi pensa in questo modo sta donando alle persone meno di quello che meritano; sta privando le coppie di un grande dono, ossia di se stesse, di quello che già hanno a portata di mano e possono vivere come dono. E non solo le coppie, ma anche i loro figli. Infatti quale padre, quale madre vuole per i propri figli qualcosa di diverso dal massimo che può dare loro? Forse un genitore non vuole il meglio per i propri figli?
Che educatore è colui che ritiene che i ragazzi non siano in grado di vivere quella pienezza d’amore inscritta nel DNA di ciascuna persona? Si tratterebbe di un educatore che invece di trarre fuori il meglio, si limiterebbe a giocare con la vita dei giovani, che non donerebbe loro la pienezza di una delle esperienze più decisive per ogni esistenza, quella dell’amore e della sessualità. E non si tratta di chiudere gli occhi di fronte alle situazioni reali, anzi, si tratta invece di volerle appunto affrontare e risolvere. Vediamo tutti e tutti i giorni, pur da angolature differenti, la situazione sociale a cui ha condotto la presunta liberalizzazione sessuale, che ha reso molti prigionieri di una sessualità disordinata, infelice, sofferente.
L’educazione sessuale che propone la contraccezione, vuoi per “proteggersi”, vuoi per mettersi al riparo dalle gravidanze indesiderate, vuoi per prevenire gli aborti… è ingannevole: essa, oltre a produrre esattamente il contrario di quanto teorizza, offre mezzi e strumenti avvelenati con cui negare alle giovani generazioni la possibilità di fare esperienza dell’amore come pienezza di vita, avviando i nostri adolescenti al deprezzamento di sé per sperimentare pratiche sessuali (dis)educative “politicamente corrette” ma, in realtà, ipocritamente false e vigliacche.
Spostare l’educazione della persona poi esclusivamente sulle eventuali conseguenze dei suoi atti è inoltre perdere di vista la persona, è smettere di prenderci cura della persona che abbiamo dinanzi: “fai tutto quello che vuoi, divertiti, l’importante è che eviti…”. Ogni educatore, animatore… sa bene che non sempre quello che dice coincide con quello che viene recepito e che quello che vive vale più di quello che insegna: per questo i nostri giovani hanno spesso la percezione che la sessualità non sia in fondo una realtà preziosa. I nostri giovani vivono una realtà drammatica sul piano affettivo sessuale? Ma sì, forniamo loro gli strumenti per impantanarsi sempre più nella tragedia di esistenze percepite come insignificanti!
Come ipotizzare che possano battersi per la vita fin dal concepimento se non raccontiamo prima loro del valore di loro stessi? Se non colgono la propria unicità, preziosità… come possono cogliere e contemplare quella altrui? Magari quella di un “grumo di cellule”? Se non permettiamo loro di fare l’esperienza piena dell’amore, come possiamo pretendere che imparino ad amare la vita fin dal concepimento?
D’altra parte la castità altro non è che la conseguenza della percezione del proprio valore: mi conservo e custodisco, non mi butto e svendo, perché sono prezioso… e mi riconosco tale, mi sento tale. Chi impara l’autodominio impara a vivere le proprie pulsioni nella forma del dono, proprio perché non ne diventa mai schiavo. E come i metodi naturali, anche la castità è dono da proporre civilmente, laicamente, perché esperienza di umanizzazione profonda. C’è forse un essere umano che non aspetti di essere umanizzato e non meriti di esserlo? Chi propone la strada della contraccezione non si pone solo contro la pienezza di vita della coppia, ma contro l’umanizzazione stessa della persona.
È per questo che la Chiesa da sempre, e in maniera tematicamente esplicita nel 1968, ha voluto occuparsi della sessualità degli sposi e, quindi, dell’uomo: non per una forma di espressione di potere e di controllo sociale, non per una pruriginosa ossessione per il sesso, ma perché in tale dimensione intima – ma non privata – si gioca una grossa parte della felicità degli uomini e delle coppie, perché in tale dimensione è possibile fare l’esperienza della grandezza dell’amore coniugale, fonte di ogni amore umano. La Chiesa è Madre, non solo perché capace di accogliere nella misericordia il peccatore pentito, ma anche perché, come ogni madre, vuole il meglio per i suoi figli e come tale deve essere maestra: in fondo il suo essere maestra non è che la fecondità del suo essere madre.
La Confederazione Italiana dei Centri per la regolazione naturale della fertilità si sente particolarmente toccata in questo tempo dalla beatificazione imminente di Paolo VI, e vuole esprimere la propria gratitudine per Humanae Vitae proprio continuando fedelmente a proporre attraverso i metodi naturali la bellezza e verità dell’amore coniugale.
Giancarla Stevanella
Presidente Confederazione Italiana dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità
Via Seminario, 8 37129 Verona
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