La via di Chiara Lubich

Si è chiusa la prima edizione della Mariapoli europea che, dal 15 luglio all’11 agosto scorso, ha visto alternarsi nella valle di Primiero circa 3 mila persone, provenienti da tutto il continente e non solo

Non poteva concludersi diversamente la prima edizione della Mariapoli europea: l’ultimo giorno, infatti, ha vissuto momenti particolari, a partire dall’intitolazione di una via alla fondatrice dei Focolari, Chiara Lubich, a Tonadico, proprio dove si affaccia Baita Paradiso, una casetta legata alla storia del Movimento. Fu lì, infatti, che la Lubich ed alcune delle prime focolarine soggiornarono in un periodo di particolare comprensione dell’Opera che stava nascendo, noto come “Paradiso ‘49”. L’emozione è intensa fra quanti vivono questo momento, alla presenza del Sindaco Daniele Depaoli, dell’Arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, e di Maria Voce, Presidente dei Focolari. L’inno del trentino prima, e quello europeo poi, dicono il percorso di quest’esperienza che oramai ha più di 70 anni e, partita da Trento, ha raggiunto l’Europa e il mondo intero, presente come è in 198 nazioni.

«Quello che è avvenuto qui per Chiara nel 1949 – ha sottolineato l’arcivescovo – è stata una vera esperienza mistica: ha visto come vive Dio e ha consegnato agli uomini la vita di Dio. Questo è un luogo che ha visto il passaggio di Dio in maniera importante. Chiediamo per i nostri popoli di poter essere uomini e donne che vedono Dio e raccontano Dio, la Sua bellezza, la Sua bontà». «A noi è piaciuto in particolar modo il titolo di questa Mariapoli “Puntare in alto”, ma anche il fatto di far incontrare, nel segno e nel nome di Chiara, diversità culturali europee – ha affermato il sindaco Depaoli –. Come amministrazione volevamo dare un segno di vicinanza a Chiara e al Movimento, per questo ci è parso naturale dedicare alla sua persona la via sulla quale si affaccia Baita Paradiso, ma anche Palazzo Scopoli, uno degli edifici simbolo della nostra comunità e della nostra storia».

Subito dopo, alla Pieve di Fiera di Primiero, la Messa presieduta dall’arcivescovo di Trento, durante la quale, come avvenuto durante l’ultima Mariapoli svoltasi nel Primiero nel 1959, i presenti hanno espresso in diverse lingue una preghiera di affidamento dei popoli a Maria. Risuonano parole scomode: «Amare il partito altrui come fosse il proprio. Amare la patria altrui come la propria». Non un’esortazione, ma un impegno pubblico ad agire perché così sia «negli ambiti locali e nei contesti internazionali, nelle sfide politiche, sociali ed economiche». E ancora, il desiderio di operare «affinchè le capacità e i valori delle nostre comunità siano messi al servizio di tutte le altre; affinchè cresca il rispetto tra gli Stati fino a divenire amore reciproco e ovunque se ne possano sperimentare i frutti: la pace e la giustizia sociale, la condivisione dei beni materiali, intellettuali e spirituali, l’attenzione verso gli ultimi, la cura integrale del pianeta».  Per realizzare tutto ciò, viene infine affidato «all’unico Padre, Dio amore, il sogno che crolli ogni barriera e che tutti scoprano di essere parte dell’unica famiglia universale in cui le diverse bellezze dei nostri popoli accrescano la ricchezza dell’umanità».

Un impegno forte, dunque, parole chiare, che possono essere pronunciate senza il rischio che ciò sia una mera utopia perché i presenti quest’esperienza l’hanno vissuta sulla propria pelle. Un flash per tutti. A conclusione di una celebrazione ecumenica, una mattina, i presenti recitano il Padre nostro ciascuno nella propria lingua. L’effetto è da brivido: non una confusione, ma l’unità nella diversità. Torna alla mente il sermo 271 di sant’Agostino: «Da una lingua ne vennero tante; non ti meravigliare: questo l’ha fatto la superbia. Molte lingue divennero una; non ti meravigliare: questo lo fa l’amore».

E sembra sentire riecheggiare le parole di Chiara Lubich scritte per la rivista Città Nuova (nata nel 1956 proprio per tenere collegati quanti avevano fatto l’esperienza della Mariapoli) il 30 agosto 1959: «Se un giorno gli uomini, ma non come singoli bensì come popoli, se un giorno i popoli sapranno posporre loro stessi, l’idea che essi hanno della loro patria, i loro regni, e offrirli come incenso al Signore, (…) e questo lo faranno per quell’amore reciproco fra gli Stati, che Dio domanda, come domanda l’amore reciproco tra i fratelli, quel giorno sarà l’inizio di una nuova era, perché quel giorno, così come è viva la presenza di Gesù fra due che si amano in Cristo, sarà vivo e presente Gesù fra i popoli (…)».

Nel pomeriggio il momento conclusivo della Mariapoli: testimonianze, festa, dialogo con la presidente Maria Voce (delle cui risposte riportiamo il testo integrale).

La Mariapoli continua sulla via di Chiara Lubich, quella del Vangelo, nei diversi Paesi delle persone che vi hanno partecipato… ed anche sulle nostre pagine.

 

Intervento di Maria Voce a conclusione della Mariapoli

«Sessant’anni fa, in questi luoghi, parlamentari di diverse nazioni si unirono in una preghiera per consacrare il loro popolo, e tutti i popoli della Terra, a Maria. Ciascuno portava con sé le ragioni e le speranze della propria gente e ad esse doveva rispondere, responsabilmente, con scelte politiche adeguate. Di fronte avevano sfide importanti, in un’epoca segnata da conflitti ideologici che stavano polarizzando il mondo in blocchi contrapposti e costituivano una minaccia per la pace. C’erano città da ricostruire, dopo la guerra, e comunità da far ripartire, promuovendo lo sviluppo economico, garantendo la legalità, e assicurando servizi alla cittadinanza. Erano problemi urgenti ai quali corrispondere con competenza politica e passione civile. Eppure quei politici non si riunirono in una tavola rotonda, non organizzarono un summit internazionale, ma pregarono per l’unità dei popoli.

Fu una scelta inusuale, certamente, ma gravida di futuro.

Ciò che si chiede alla politica è di agire con competenza e responsabilità, di essere onesta e coerente, di avere passione e coraggio. Ma il valore che più qualifica l’agire politico è la lungimiranza, cioè la capacità di guardare oltre, più lontano, per pianificare gli assetti futuri della società e favorirne la crescita.

Sì, nei momenti di crisi e di ricostruzione decifrare il cambiamento può essere importante, intuire l’avvenire può fare la differenza. E più lontano si sa guardare e più incisiva e trasformante è l’azione nel presente.

Quei politici che, sessant’anni fa, chiesero a Dio il dono dell’unità, e decisero di impegnarsi per la sua realizzazione, seppero guardare molto lontano. Dalla loro adesione al carisma di Chiara Lubich trassero un grande insegnamento: il destino del cosmo è l’unità. Non ne ricevettero un chiarimento solo intellettuale, perché l’unità era lo stile di vita e la norma della Mariapoli: di essa si faceva esperienza nei piccoli e grandi gesti e nelle scelte quotidiane. L’unità vissuta nel Movimento nascente irradiava una luce particolare sulle relazioni sociali che tutti erano chiamati a vivere, in qualsiasi circostanza si trovassero.

L’unità si presenta sempre, in qualsiasi epoca, come un modo nuovo e rivoluzionario di concepire la vita e il mondo. Non è semplicemente un ideale come tanti altri, perché scaturisce dalla preghiera stessa che Gesù rivolse al Padre quando, alzati gli occhi al cielo, pregò perché tutti fossero una cosa sola. Da questa invocazione prende forma e senso la storia umana. Non a caso uno fra i primi politici a seguire Chiara Lubich fu il parlamentare Igino Giordani, che accolse l’ideale dell’unità interpretandolo con la seguente efficace espressione: «la storia è un quinto evangelo», perché mostra la costante, progressiva, realizzazione della preghiera di Gesù, e dunque del disegno di Dio sul Creato.

Tutto è in marcia verso l’unità: questo significa che i cambiamenti sociali che possono trasformare positivamente il presente sono quelli che accompagnano i cittadini, le associazioni, gli Stati, verso un mondo più coeso e solidale. Ciò che sostiene la cooperazione, la pace, l’avvicinamento delle comunità e dei gruppi, è in linea con l’autentico progresso e fonda lo sviluppo. In altre parole, se si vuole fare il bene del proprio popolo bisogna occuparsi del bene degli altri. Per questo, sulle ali di un messaggio profetico sempre attuale, Chiara Lubich continuò a diffondere il messaggio dell’unità rivolgendosi ai politici e a tutti i cittadini impegnati nel sociale con l’esortazione di «amare il partito altrui come il proprio», di «amare la patria altrui come la propria».

Le sfide attuali non sono meno urgenti di quelle di sessant’anni fa. Anzi, oggi è ancora più evidente la necessità di operare per l’unità dei popoli. I processi globali in corso mostrano l’interdipendenza planetaria di Stati, nazioni, comunità. È sempre più evidente che c’è un comune destino per tutti i popoli della Terra, e che i grandi temi dell’attualità riguardano questioni vitali per tutti: la cura dell’ambiente, le vecchie e nuove povertà, i conflitti invisibili e le guerre conclamate, le migrazioni su scala globale (spesso frutto proprio della povertà, delle guerre e dei cambiamenti climatici), la redistribuzione delle ricchezze, l’accesso alle risorse naturali, il riconoscimento dei diritti umani. Sono questioni trasversali alle differenze culturali, civili e politiche. Dunque immettono i popoli in un circuito di costante confronto, al fine di maturare processi di integrazione politica e di convergenza decisionale.

Sì, oggi il divenire dell’umanità domanda, a gran voce, l’unità.

A questa invocazione il Movimento dei Focolari sta rispondendo favorendo il dialogo fra le diverse parti politiche (per esempio con il Movimento Politico per l’Unità), promuovendo la comunione dei beni e la cultura del dare (con l’Economia di Comunione), approfondendo la dottrina dell’unità (per esempio con l’Istituto Universitario Sophia), dando impulso all’unità nei luoghi di impegno professionale e sociale e con tante altre opere e iniziative specifiche (attraverso Umanità Nuova).

Anche oggi, proprio come sessant’anni fa, possiamo pregare Dio per l’unità fra i popoli della Terra.

Il mio augurio è che questa preghiera sia accompagnata da un rinnovato impegno, assunto sia al livello personale che comunitario, di vivere per il mondo unito. Diffonderemo quei germi del cambiamento utili a trasformare il presente e a scrivere pagine sempre nuove della storia della famiglia umana in marcia verso l’unità».

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