La verità sta in cielo
Non perdersi Lettere da Berlino, in uscita il 13. Il motivo è semplice: si tratta di una storia vera di resistenza al nazismo in terra tedesca da parte di tedeschi, il che cambia il giudizio negativo che di solito si usa dare all’intero popolo della nazione di connivenza con Hitler. 1940: i nazisti entrano a Parigi, a Berlino si festeggia. Otto e Anna hanno un solo figlio, in quel giorno apprendono che è morto in guerra. Lui, operaio che non ha mai preso la tessera del partito, e la moglie, sono inconsolabili: la retorica del regime aumenta il loro dolore. Decidono di essere liberi “dentro”. Vivono in un condominio dove tutti controllano tutti: c’è l’anziana ebrea cui la postina di buon cuore porta i viveri di nascosto, il giudice in pensione, un ladruncolo, una spia. La coppia decide di scrivere della cartoline da lasciare in ogni quartiere o residenza della città per svelare a tutti i misfatti di Hitler e la follia del nazismo. Impresa pericolosissima, ma i due ‒ che ritrovano anche fra loro un rapporto caldo – rischiano. La polizia, le SS in particolare, sono furenti e danno la caccia all’uomo-ombra che genera dubbi nei confronti del Reich. Trovano una persona sbagliata, ma poi arrivano alla coppia nel 1942 e le conseguenze saranno dure.
Diretto da Vincent Pérez il film è asciutto, incalzante, duro e veritiero. Daniel Bruhl, massiccio e silenzioso, Emma Thompson, decisa e fragile, ne sono i protagonisti. L’ambiente è ricreato con assoluta fedeltà e quel che è interessante, è la vita di un condominio a venire descritta nelle sue piccole storie, facendo intravedere come l’ideologia nazista di fatto si basasse, come ogni autentica dittatura, sul reciproco controllo da parte della gente. Per nulla ideologico, ma sincero, con colori smorti nell’autunno e nell’inverno, il film è un thriller, se si vuole, di notevole rigore narrativo. Respira in ogni scena dolore e timore, immergendoci nell’atmosfera della Berlino anni Quaranta.
Un’aria di sospensione grava nel film Mine di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro.
Il soldato americano in Afghanistan, solo col piede sopra una mina che può scoppiare se lui lo solleva, è sospeso tra vita e morte. Deve attendere 46 ore l’arrivo dei soccorritori. Intorno, sabbia e deserto. Tra allucinazioni, rimpianti per un amore irrisolto, paura della fine, il soldato vive in uno stato di pre-morte angoscioso. Storia plausibile dei nostri giorni, il film acquista un significato più ampio nell’immettere i momenti di sonno-veglia, di attacchi notturni degli animali, di lotta per la sopravvivenza all’ultimo respiro a delineare il terrore della morte e della solitudine, tipico di ogni uomo dinnanzi alla possibilità della fine. Forse troppo lungo, il racconto tuttavia fila grazie alla recitazione del protagonista Armie Hammer, e a quell’alternarsi di lucidità e di follia, di giorni e di notti che lascia scorrere con verosimiglianza la storia.
Ritorna il nostro regista Roberto Faenza a far riaprire al cinema il caso “Emanuela Orlandi” con La verità sta in cielo. È la storia, archiviata ormai dallo Stato, del rapimento della ragazzina, cittadina del Vaticano, mai più ritrovata. Chi c’entrava in tutto questo? La mafia, la politica oscura, le banche, Marcinkus? Faenza esplora nel film, in verità freddo, indizi, aiutato da Riccardo Scamarcio, Maya Sansa, Greta Scarano e Valentina Ludovini, che non recitano purtroppo alla grande nella storia di una giornalista inviata da Londra a cercare di scoprire qualcosa. Sotto le righe, Faenza accusa il Vaticano di aver insabbiato tutto. Vero? Siamo ancora nel mistero. La verità è tutta da scoprire.
Qualcosa di molto italiano
Cristina Comencini torna alla regia con Qualcosa di nuovo. Due amichissime quarantenni – Paola Cortellesi e Micaela Ramazzotti ‒ sono diversissime: la prima è separata, sola, equilibrata, la seconda, separata, due figli, passa da un uomo all’altro. Il diciannovenne Luca (Eduardo Valdarnini) si infila tra le due, ne scopre i limiti e le bugie, le consola e si consola, forse crescerà. Forse cresceranno anche le due? La favola del principino azzurro, della coppia di amiche opposte – come, al maschile, i due di Al posto tuo, in sala ‒ funziona fino ad un certo punto. Un po’ teatrale, un po’ troppo al chiuso, sprizzante un antimaschilismo forse un po’ datato, il film non convince troppo. È abbastanza tutto prevedibile e la recitazione non è delle migliori. Ma poi la realtà è davvero questa? Esce il 13 ottobre.