La vera Italia tra i i migranti della stazione Tiburtina

Mentre si amplificano le notizie sugli scontri nei quartieri e nelle città chiamate ad ospitare gli ultimi arrivati dalle coste africane, ci sono esempi di solidarietà spontanea o organizzata che mostrano un Paese ancora generoso e capace di gratuità
Migranti alla stazione Tiburtina di Roma

Da alcune settimane mi trovo in Asia e ogni volta che apro qualche nostro quotidiano in Italia non nascondo di avvertire una fitta al cuore ed un senso di grande povertà umana. Sto passando varie settimane nei Paesi del Sud-Est asiatico, quelli che negli anni novanta furono definite le "tigri dell’Asia" e che si trovarono, poi, a gestire una terribile crisi per riprendersi e, attraverso innegabili alti e bassi, si sono imposte come nazioni giovani, intraprendenti, con capacità creative ed innovative imprevedibili. Città come Bangkok, Ho Chi Minh City, Jakarta sono metropoli che vivono proiettate costantemente verso il futuro. C’è voglia di fare, c’è dinamismo e desiderio di rischiare.

 

A fronte di questo leggendo i nostri giornali vedo sempre gli stessi titoli, l’ormai trita e ritrita crisi della Grecia che ha sostituito il famoso spread che era il leit-motive di un anno o due fa. E, poi, c’è la questione degli immigranti, dei profughi, della paura e delle intemperanze. I media costantemente amplificano quanto succede, le statistiche, come quella riportata qualche giorno fa da La Repubblica, mostrano una crescita nell’allergia a chi arriva da fuori.

 

Ma siamo proprio sicuri che vada tutto così, come i media ci presentano? L’Italia è quella davvero o ce n’è una vera che non appare? Una mail ricevuta da un carissimo amico in questi giorni sembrerebbe confermare che l’immagine del nostro Paese  sia ben altra se solo sapessimo guardare. Vale la pena ascoltare questa esperienza di vita vissuta in diretta nel quotidiano. Qui non ci sono stati operatori dei media appostati per creare l’ennesimo scoop anti-immigrazione abilmente usato da alcune lobby politiche. Qui c’è gente che vive sulla propria pelle quel fenomeno sociale costruttivo che si chiama aiuto sociale ed integrazione.

 

Ecco cosa mi scrive l’amico che vive sui Castelli Romani.

 

«Nei giorni scorsi ho ricevuto una mail da un collega medico pediatra, che mi chiedeva se potevo attivarmi presso il Banco Alimentare per aiutare il centro di raccolta profughi della stazione Tiburtina, Baobab. Il pediatra mi informava della presenza di 400 eritrei somali e sudanesi, età media bassissima, ragazzi e ragazze,  cristiani ma anche musulmani. Dopo aver trascorso ore a visitare bambini, si era reso conto che era gente che necessitava di molte cose, tra cui cibo…  Mi informava, comunque, di aver visto “un felice, caldo, libero, caotico e anarchico  volontariato auto-convocato. Ognuno va, vede di cosa c’è bisogno e aiuta, chiama amici per animare, curare, giocare… E funziona benissimo!!”.

 

Avevo visto delle immagini al telegiornale su questo centro accanto alla Stazione Tiburtina. Non mi sembrava vero che l’amico pediatra mi avesse inviato questo invito a fare qualcosa di concreto per loro. Ottenuto il generoso consenso dai Responsabili del Banco Alimentare di Roma, insieme con un giovane laureato di Roma che coordina tutto il vorticoso volontariato del Centro Baobab, siamo andati a Fiano Romano ed abbiamo caricato una ventina di quintali di ottimo cibo (pasta, zucchero, carne in scatola, 600 yogurt, scatoloni di olio, 120 ananas, 30 cassette fra pesche e pesche noce, 100 pezzi di grana padano, e molto di più). Già alle 10 c’erano una quarantina di gradi di caldo!

 

Siamo arrivati al Centro verso le ore 13 dove erano già in fila per il pranzo almeno 500 giovani, ragazze e ragazzi, ordinatissimi, pazienti e bene educati, nella maggioranza eritrei, tutti provenienti dagli sbarchi di quei famigerati barconi che vediamo al telegiornale.I gradi erano almeno 42 a quell’ora. Nell’arco di una decina di minuti, i ragazzi, senza nemmeno bisogno di chiederlo, si sono messi in fila ed hanno scaricato, molto ordinatamente, il Ducato strapieno, portando tutto il materiale nel magazzino. Non un solo yogurt o una bibita è stata presa, tutto perfettamente riposto al posto giusto. Poi, sono tutti rientrati nella fila di attesa del pranzo. Anche a me è stato servito un piatto che ho condiviso con molta gioia con loro.

 

Mi sono state raccontate esperienza meravigliose su come centinaia di giovani romani sono accorsi ad aiutare e sono riusciti ad organizzare una assistenza di volontariato e sono ormai decisi ad organizzarsi in Associazione per portare avanti questa esperienza che si profila anche molto innovativa. Infatti non punta alla assistenza soltanto, ma soprattutto al coinvolgimento ed alla integrazione dei rifugiati stessi. Questo garantisce il rispetto della dignità di ciascuna e ciascuno di coloro che vengono accolti. Molti poi, appena possono, raggiungono parenti ed amici in altri Paesi Europei.

 

L’efficienza dei volontari è superlativa. Mentre ero lì è saltato tutto il sistema elettrico. Dopo soli dieci minuti ecco già all’opera il volontario “elettricista” che con grande professionalità ha sistemato tutto in breve tempo.La fila dei cittadini romani che portano aiuti di ogni genere è costante ed è spesso anche commovente. Arrivano tali e tanti aiuti che, spesso, mi dicevano, portano scatoloni di roba ad altri centri di assistenza. Sempre durante la mia permanenza è arrivata la prima bimba nata da una ragazza rifugiata accolta nel Centro. E’ arrivata dall’ospedale all’età di 20 giorni. Medici, infermieri, volontari, tutti intorno a farle un sorriso, volendo almeno vederla. Un piccolo Gesù bambino nero, rifugiata anche lei, come lo era Gesù quando nacque. Un segno di come la vita va avanti, sempre.

 

Sono tornato a casa, decisamente stanco,  sudato come non mai … Ma nel cuore una gioia molto speciale, una serenità impagabile, la vera ricompensa per un piccolo gesto in favore di quelle bellissime creature che in questo momento vengono chiamati “rifugiati”…

 

Leggendo questo testo mi sono chiesto quale sia la vera Italia. Quella a cui i media danno visibilità – poche decine di cittadini lividi di odio e di rabbia, che sbraitano, che inveiscono contro tutto e tutti, strumentalizzati da politici senza scrupoli – o quella che ho visto io davanti ai miei occhi alla Stazione Tiburtina?».

 

Mi ha fatto bene leggere queste righe lontano dall’Italia e mi sono chiesto perché insistiamo a motrarci più poveri di quello che siamo? Queste forse le vere ricchezze che l’Italia vera potrebbe offrire a tanti al di là delle trite e ritrite diatribe politiche e finanziarie.

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