La vera causa è la politica
Una partita a rischio che forse andava sospesa. Ma la passività della polizia è la grande responsabile non solo di questi tragici fatti
La strage di tifosi egiziani a Port Said, almeno una settantina di morti ed un migliaio di feriti, è un fatto di cronaca da ascrivere al sorgere di gruppi di hooligans, oppure è solo uno dei tanti effetti della situazione politica del Paese, che da un anno in qua, continua ad essere fluida?
Lo sport sembrerebbe che ha proprio poco a che fare con le violenze scatenatesi alla fine della partita tra Al-Masry, di Port Said, e Al Ahly, del Cairo, sebbene gli scontri tra le due tifoseria non siano una cosa nuova, tutt’altro. Contrariamente alle previsioni calcistiche, Al Ahly, che ha vinto gli ultimi sette campionati della lega egiziana, è stata sconfitta 3 a 1. Alla conclusione dell’incontro i tifosi hanno invaso il campo e si è scatenata la violenza. Si sapeva che si trattava di un incontro ad alto rischio e sembra che le autorità avrebbero considerato uno smacco sospenderlo. Per questo colpisce la passività dimostrata dalle forze dell’ordine che, in realtà, confermano fonti locali a Città Nuova, hanno lasciato fare.
E qui si entra nella questione politica che avvolge la vita egiziana fin dall’inizio delle manifestazioni che lo scorso anno culminarono con la rinuncia del presidente Mubarak. «Tutto sembra essere rimasto come prima, col predominio del vecchio partito di governo e dell’esercito, due realtà che in effetti sono una», sostiene un professionista che vive nella capitale egiziana. In tutti questi mesi, sebbene la polizia sia numerosissima e presidi moltissimi punti della città, si verificano situazioni di insicurezza che rivelano la sua passività. «Hanno difeso il regime, a suo tempo, ma ora i poliziotti non si interessano della gente», aggiunge. Spesso si registrano veri e propri assalti ai treni lungo il loro tragitto. «Sei in viaggio e dopo 100 km, bloccano il treno e cominciano a derubare le persone», spiega uno studente. In questi giorni ci sono state tre rapine ad altrettante banche, cosa abbastanza anomala in una capitale dove da anni non si registravano episodi del genere. Questo laissez faire si spiega con l’intenzione di aumentare il caos per dare maggiore potere o rendere necessaria l’onnipresente esercito.
Nel frattempo si attende che a giugno possa essere eletto il nuovo presidente e che un nuovo governo possa epurare se non l’esercito, cosa che appare difficile in queste circostanze, almeno la polizia in modo da garantire ai cittadini una maggiore sicurezza. La società civile ha già dimostrato di non essere disposta ad accettare che “tutto cambi perché niente cambi”, pertanto i fratelli musulmani che hanno vinto le recenti elezioni saranno certo un elemento chiave per definire la nuova conduzione dell’Egitto. Loro, insieme ai salafiti, sono presenti nella società civile con grande impegno, e sono inseriti anche nei sindacati. Realisticamente, ne scaturirà un presidente gradito all’esercito ed ai fratelli mussulmani. I cambiamenti, si sa, spesso devono seguire le regole del realismo. Nel frattempo, è probabile che i nostalgici del vecchio regime provochino ancora qualche violento colpo di coda prima che il Paese concluda quest’inizio di transizione.