Vendetta della violenza o del perdono

A Vasto un uomo uccide il giovane che aveva ammazzato sua moglie in un incidente stradale. Allungando la scia di sangue e dolore

Fedor Dostoevski era solito ritagliare degli articoli di cronaca dai quotidiani russi dell’epoca, che poi utilizzava per i suoi libri, una sorta di ispirazione reale alla sua fiction realista. In effetti la cronaca a volte ci offre delle straordinarie espressioni di sentimenti contrastanti, di vette e abissi dell’animo umano. Tutto materiale di studio per chi indaga nell’amore e nella sua assenza. Romanzieri, ma anche sociologi, psicologi, teologi…

Così c’è da restare stupiti, commossi e interdetti dinanzi all’episodio accaduto ieri a Vasto, dove un uomo, Fabio Di Lello, ha ucciso il giovane 22enne, Italo d’Elisa, che il primo luglio dello scorso anno in un incidente stradale aveva messo sotto e ucciso la moglie di Fabio, Roberta. Sembra che avesse “bruciato” un semaforo, ma il processo non è stato ancora celebrato, e le versioni delle due parti sono ovviamente opposte. L’uomo, ex calciatore, ha portato l’arma del delitto sulla tomba della moglie prima di essere arrestato dalle forze dell’ordine.

Sette mesi di dolore, di amore, di desiderio di vendetta, di strazio mentale e spirituale, prima dell’atto finale di ieri sera. Ma non c’è riscatto nella vendetta, non c’è pacificazione, non c’è mai ripristino dello stato primigenio delle cose. C’è solo – purtroppo – una scia di dolore che s’ingrossa e porta con sé altre vittime, ingigantendo una qualsiasi sofferenza. Altra terra viene gettata su nuovi cadaveri.

L’unico riscatto, l’unica pacificazione, l’unico ripristino della felicità, la sola “costruzione di senso” viene da un altro tipo di vendetta, poco citata, poco à la page, tacciata ovviamente di buonismo, se non addirittura di pusillanimità e di insipienza: la “vendetta del perdono”, quella che ha il suo modello nell’uomo morto in croce come così bene aveva spiegato René Girard, che aveva identificato nel Cristo colui che, prendendo su di sé il peccato del mondo, ma anche i suoi dolori e le sue ingiustizie, aveva tolto alla violenza ogni capacità redentrice. Il percorso che porta a una tale “vendetta del perdono, o se si vuole addirittura “vendetta dell’amore”, non è facile, né in alcun modo esigibile “dall’estero” da chi ha subito un’ingiusta sofferenza. Ma è via di umanizzazione, non solo per chi subisce un torto grave come quello dell’episodio di cronaca di Vasto. È via di umanizzazione quotidiana, atto di somma intelligenza.

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