La tv di una nazione che non c’è
Studi imponenti a Bruxelles, sede dirigenziale a Parigi, altri uffici dislocati in Germania, Svezia, Russia, corrispondenti e collaboratori un po’ ovunque. Non è una nuova emittente televisiva centroeuropea: è Medya TV, ma sarebbe più semplice chiamarla Telekurdistan, una sigla ingombrante e controversa. Presente ovunque, tranne che nei sei paesi in cui i curdi hanno origine (Turchia, Siria, Iraq, Iran, Armenia ed Azerbaijan), offre circa venti ore al giorno di trasmissioni in lingua curda che arrivano a destinazione via satellite. Medya Tv si occupa di argomenti culturali e religiosi, della questione femminile, di attualità in generale e naturalmente di politica. È pronta la prima soap opera in lingua curda. Negli studi campeggia il volto di Abdullah Ocalan e le cartine del Kurdistan, il paese proibito che non c’è. Le decine di reporter si definiscono “prima curdi e poi giornalisti”, ed è dichiarato, in redazione, l’intento soffiare sull’unità del popolo curdo, di divulgare ed incrementare l’uso della lingua curda originaria, di conservare la cultura e le tradizioni popolari. Lo stesso nome “Medya Tv” deriva dai medi, di cui i curdi sono discendenti, l’antico popolo che quattromila anni fa abitava l’Alta Mesopotamia, fra il Tigri e l’Eufrate. Insomma, dove non c’è una nazione esiste una tv della sua gente, che si autotassa per vederla. Ma è proprio quello dei finanziamenti uno dei capitoli che scottano: è difficile immaginare dietro al potere primario di un mezzo televisivo che inutilmente il governo turco uscente ha cercato di oscurare, facendo tacere quella che definisce “propaganda separatista e terroristica “, non vi siano forti interessi internazionali e l’ombra del Pkk, il partito autonomista curdo. L’editore, per ora, non smentisce. Nessuno, tra l’altro, conosce i nomi, se non quello del direttore, della decina di azionisti che ne sono i proprietari, e la stessa magistratura belga si è incuriosita sulle fonti di finanziamento a monte della tv. Solidarietà: Pedala, ed entrerai in Internet Jahi in laotiano significa “cuori e menti che lavorano insieme”. La Jahi Foundation, voluta da un rifugiato ai tempi dei bombardamenti americani e da un americano che partecipò a quei bombardamenti, si è prefissata di realizzare, attraverso Internet, la promozione sociale ed economica di poverissime zone rurali, che vivono solo della produzione di riso e di caffè, della valle di Hin Huep, vicino a Vientiane, nel Laos. In ogni villaggio hanno allestito un piccolo centro di alfabetizzazione e di addestramento al computer, di scambio di informazioni sui prezzi e di compravendita dei prodotti agricoli via Internet. L’investimento, costato, 400 mila dollari, ha già reso, in tre anni, alla popolazione qualcosa come 2.500.000 dollari. Il tutto grazie a dei “486”, computer da noi considerati archeologia informatica, che funzionano con batterie da automobile (in quelle zone non c’è la corrente), ricaricate a pedali. Apposite frequenze radio (non esiste rete telefonica) trasmettono e ricevono i messaggi tramite ripetitori alimentati ad energia solare presenti nei villaggi. Telefonini Squillate fratres Una delle nostre occupazioni primarie sembra sia la scelta del tono della suoneria del telefonino: qualcuno opta per uno squillo sobrio e discreto in linea con la propria riservatezza, qualcuno, più in cerca di uno stacco nella monotonia del quotidiano, per le note di una celebre sinfonia. Il mercato delle suonerie è oggi fra i più floridi e se ne possono trovare davvero di tutti i gusti: quello che ci mancava è un assortimento di suonerie “sacre”. Ha posto rimedio a questa carenza il sito www.catholictunes. nl aperto dalla chiesa olandese. Si potranno scaricare sul cellulare le note dell’Ave Maria come quelle della Salve Regina. “Ogni squillo potrebbe trasformarsi in un momento di riflessione ” ha commentato un prelato olandese. Costo: 1,5 euro, che andranno in beneficenza.