La tratta delle donne

Un fenomeno che interpella da vicino la vita consacrata. Intervista a Bernadette Sangma fma, consulente questione donna della Famiglia Salesiana.

In che cosa consiste la tratta di esseri umani?

La tratta di esseri umani costituisce una grave offesa alla dignità umana e una grave violazione dei diritti della persona umana. Riduce la persona a una merce, ad essere comprata e venduta, maltrattata, umiliata, sfruttata attraverso il lavoro forzato, la prostituzione e sweatshops.

Molti la considerano come una moderna schiavitù e la definizione sembra essere pertinente a causa della condizioni alle quali sono sottoposte le vittime della tratta.

A livello internazionale, vi è un consenso nella definizione del protocollo di prevenzione, repressione e punizione della tratta di persone, in particolare donne e bambini, che completa la Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale.

Essa è stata adottata, approvata ed è entrata in vigore dal 2003: “Per tratta di persone si intende il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o accogliere persone, tramite la minaccia ol’uso della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, per dare o ricevere pagamenti o benefici, al fine di ottenere il consenso di una persona avente il controllo su un’altra persona, a scopo di sfruttamento”.

Quali sono le cause di questo fenomeno?

Ci sono diverse ragioni per le quali esiste la tratta delle persone umane. Per avere una migliore comprensione delle cause principali, si potrebbero prendere in considerazione i punti di vista socio-culturale, economico e politico.

Le causa socio-culturale che sta alla base della tratta di donne e ragazze per lo sfruttamento sessuale è soprattutto la discriminazione nei confronti delle donne e delle ragazze, gli atteggiamenti maschilisti verso le donne e la loro percezione del proprio corpo come oggetto di piacere.

Oggi vi è un aumento della commercializzazione di corpi femminili, che insieme con la pornografia, si aggiunge alla crescente domanda di sesso.

Un’altra causa dalla quale deriva la discriminazione delle donne è l’analfabetismo. I due terzi degli 876 milioni di analfabeti di tutto il mondo sono donne. Dei 113 milioni di bambini in età di scuola primaria che non frequentano la scuola, quasi i due terzi sono donne.

Donne e ragazze analfabete hanno poca o nessuna opportunità di lavoro e sono estremamente vulnerabili a diventare vittime della tratta. I trafficanti vanno nelle zone rurali e nei villaggi più isolati per catturare donne e ragazze analfabete.

Dal punto di vista economico, una delle cause principali di traffico di esseri umani è l’aumentata femminilizzazione della povertà: più di 1 miliardo di persone vivono in condizioni di povertà in tutto il mondo e una grande maggioranza di essi sono donne.

Le donne e le ragazze che cercano di sfuggire alle gravi conseguenze della povertà per poter vivere una vita dignitosa, diventano il principale obiettivo dei trafficanti di esseri umani.

Spesso poi è la famiglia che a causa della povertà vende le proprie figlie. È il caso di Elena delle Filippine che a 15 anni fu venduta dai suoi genitori: “Il reclutatore ha dato mia madre 500 pesos. Non ero a conoscenza della loro transazione. Mi sono rifiutata di andare a Manila con il reclutatore, ma mia madre ha detto che aveva già speso il denaro. Piango perché tutto questo mi è stato imposto e non ho avuto scelta”.

La tratta è un affarre che produce alti rendimenti monetari, più o meno allo stesso livello del traffico di droga e di armi di piccolo calibro. Anzi, si dice che sia il traffico più redditizio, perché a differenza di droga la persona può essere venduta più volte.

A livello politico, le cause vanno riscontrate nelle politiche migratorie restrittive. Mentre la globalizzazione ha reso più facile spostare merci e denaro in tutto il mondo, le persone che vogliono raggiungere posti di lavoro e migliori opportunità di vita si trovano di fronte a severe restrizioni in materia di migrazione legale.

Inoltre, la mancata applicazione delle leggi e la corruzione delle forze di polizia e delle autorità giudiziarie rendono più facile per i trafficanti la loro impunità. La crescita della criminalità transnazionale è un’altra causa dell’aumento della tratta di esseri umani. È noto, per esempio, che negli ultimi dieci anni del XX secolo, il traffico di mafie e contrabbandieri ha portato ogni anno 35.000 persone in Europa occidentale (National Geographic 2003).

Perché le Figlie di Maria Ausiliatrice si sono impegnate in questo lavoro?

Come Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) la nostra attenzione è focalizzata principalmente sui poveri e gli emarginati, ragazze e giovani donne. Guardando al fenomeno della tratta di esseri umani, ci rendiamo conto che costituiscono la categoria più vulnerabile, perché nelle mani dei trafficanti vivono esperienze disumanizzanti. La loro situazione, pertanto, non è solo la nostra preoccupazione, ma un mandato carismatico per la ricerca di una risposta coraggiosa, audace e creativa.

Devo dire che come FMA, se dobbiamo essere fedeli al nostro carisma, non possiamo stare a guardare la trasformazione dell persone predilette della nostra missione in merce umana. Questo movimento è la forza che sta dietro la mia partecipazione a questo lavoro e come Congregazione siamo convinte che non possiamo farlo da sole.

La nostra strategia è la rete, perché il fenomeno della tratta di esseri umani è così intricato che l’azione collettiva è indispensabile per combatterlo su diversi fronti. Il male della tratta sembra essere invincibile, ma non può avere l’ultima parola, e affinché il bene vinca abbiamo biosgno di lavorare in rete.

Come sono coinvolti i religiosi e le religiose?

Ci sono molti religiosi coinvolti come singoli, come Congregazioni e come Conferenze di donne o di gruppi religiosi. Tra le Congregazioni religiose le Suore Pastorelle sono impegnate in molti paesi e anche a livello delle Nazioni Unite.

Tra le Conferenze di Congregazioni religiose, posso citare l’USMI (Unione delle Superiori Maggiori d’Italia), la Conferenza delle Religiose della Nigeria, la Conferenza delle Religiose degli Stati Uniti d’America, le Religiose del Canada, le Religiose dei Paesi Bassi.

Poi, ci sono le organizzazioni e gruppi come SOLWODI (Solidarity with Women in Distress, solidarietà con donne in difficoltà), UNANMA e GPSC (Gruppo di lavoro sulla tratta delle donne e dei bambini), di cui faccio parte.

Una menzione speciale va fatta per le dichiarazioni di tre Assemblee plenarie del 2002, 2004 e 2007 della UISG (Unione Internazionale delle Superiori Generali) che hanno assunto l’impegno collettivo per la lotta contro questa moderna schiavitù e per la vita e la dignità delle donne e dei bambini.

Puoi raccontarci la tua esperienza?

Tutto ha avuto inizio con una telefonata da un ufficio di Roma, l’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni). In Piemonte era stato scoperto un grande traffico e c’erano circa 200 donne che avevano bisogno di assistenza. L’OIM era in difficoltà per la mancanza di interpreti e ci chiedevano se potevamo fornire una religiosa per la traduzione thailandese-italiano.

Per nostra fortuna, soprattutto delle donne, c’era una religiosa che era venuta a Roma per un corso ed era in attesa di tornare in Thailandia. Con lei e con un’altra giovane salesiana, siamo partite da Roma alle sei del giorno successivo. Appena arrivate abbiamo parlato con dodici donne.

La loro prima richiesta fu quella di fare una doccia e dormire. Erano tre giorni che non avevano potuto lavarsi e dormire. L’ufficio della OIM erano piccoli e non vi erano docce. Allora abbiamo portato queste donne nella nostra comunità, offrendo loro sapone, shampoo, asciugamani e indumenti personali.

Poi abbiamo fatto colazione. Da quel momento in poi la nostra religiosa tailandese ha assistito il personale OIM in ogni intervista. È stato così che abbiamo cominciato ad ascoltare le storie straziani di sofferenza e di dolore.

La maggior parte delle donne, ad eccezione di una, avevano un basso livello di istruzione. Provenivano quasi tutte dal Nord della Thailandia, tranne una di Bangkok e una dal sud. Tutte hanno detto che avrebbero dovuto lavorare nei ristorante o come domestiche.

I trafficanti di esseri umani erano tutti giovani italo-thai che avevano offerto loro delle somme di denaro chiedendone la restituzione attraverso la prostituzione. Abbiamo passato più di un giorno e mezzo intervistando queste donne e cercando di far loro capire perché erano state arrestate e considerate prostitute. Più tardi dieci donne sono state accolte in due diverse case. Tutte avevano il visto di ingresso dell’Austria, Spagna, Danimarca e nessuno quello dell’Italia.

Il giorno successivo siamo andate ad Alessandria, una città vicino a Torino, per visitare un altro gruppo di donne. Il giorno seguente, ancora un altro gruppo ad Asti.

Come avete continuato questa prima esperienza?

Poiché per l’art. 18 della legge italiana in materia di immigrazione, tutte le donne sono state considerate vittime del traffico di esseri umani, l’OIM si è incaricata di seguire gli aspetti giuridici per l’aiuto da offrire a queste donne.

Nel frattempo, una nostra religiosa ha cercato di offrire loro un aiuto materiale, psicologico e spirituale. La Caritas Italiana ci ha offerto una somma di denaro con la quale abbiamo potuto fare alcuni acquisti essenziali.

Tutte le donne volevano tornare a casa, ma non a mani vuote. Alcune di loro erano sposate con figli anche neonati. Così, con l’aiuto finanziario che abbiamo ricevuto abbiamo acquistato valige, abbigliamento personale, lenzuola, asciugamani, ecc. La nostra comunità ha offerto loro dei vestiti, così da riempire le valigie con alcuni doni per le loro famiglie.

Avevamo il grande desiderio di dare un tocco umano al loro ritorno in patria. Non potevamo immaginare che, dopo aver lasciato la loro terra e le famiglie con la speranza di superare la loro povertà, ritornassero a casa con le mani vuote, la vergogna e il fallimento.

Circa un mese dopo, in Thailandia, si tenne un incontro per le religiose, quanto mai tempestivo e provvidenziale, perché fummo in grado di informarle su quanto era accaduto in Italia alle loro connazionali e di organizzare una rete di aiuto per le donne.

Le religiose ci diedero del cibo thailandese da portare a Roma alle donne che erano in attesa di ritornare in patria dalle loro famiglie. Appena arrivata in Italia, ho fatto una lista di diversi luoghi dove le donne avrebbero potuto trovare delle opportunità di lavoro alternative e l’assistenza necessaria.

Che cosa avete capito?

L’esperienza ci ha mostrato il volto più degradante di questo traffico e le pesanti violazioni dei diritti di donne innocenti, la cui unica colpa è la disperata ricerca di uscire dalla situazione di povertà in cui vivono le loro famiglie. Il grido di queste donne possono trasformare un sordo.

Abbiamo imparato a condividere questa causa con credenti di altre religioni, mettendo in comune le nostre risorse materiali e spirituali, al fine di garantire che ogni essere umano possa godere della propria dignità e che nessun essere umano possa diventare una merce utilizzata e sfruttata da un altro uomo.

Con questa esperienza si è ulteriormente rafforzata in noi la convinzione che la spiritualità ha un grande ruolo da svolgere per il recupero della persona che è stata umiliata e traumatizzata nel centro più intimo del suo essere.

La tratta degli esseri umani è per tutti i credenti una sfida collettiva che ci chiama a realizzare delle reti di collaborazione: abbiamo tantissime risorse che non abbiamo ancora esplorato fino in fondo.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons