Contro la tratta bisogna lavorare in rete, intervista a Sr Gabriella Bottani
Suor Bottani, l’8 febbraio si celebra la IX Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta che ha come tema «Camminare per la dignità». Perchè è importante pregare contro la tratta?
In questo mondo segnato dalla violenza possiamo entrare solo con la luce di Cristo, con fiducia e speranza. In questo contesto di crisi è facile dire: non c’è più niente da fare, ora ci sono altre priorità, c’è la guerra, la fame. È vero, ma nel dramma della tratta di persone è in gioco la dignità umana. Impegnarsi contro la tratta è riaffermare con determinazione che la persona umana non è un oggetto da sfruttare, da abusare, da vendere. Ogni persona è immagine di Dio, quindi la dignità non può e non deve essere svenduta, tanto meno sfigurata. Non dimenticherò mai la testimonianza delle donne siriane che ho incontrato quando è nata Wells of Hope in Medio Oriente. In un contesto di guerra, chiesi a loro se l’anti tratta fosse veramente una priorità. Mi ricordo che mi sentivo a disagio. La loro risposta mi fece pensare molto: «qui più che in ogni altro luogo dobbiamo impegnarci contro la tratta di persone. In un contesto di guerra tutti si sono rivolti verso gli aiuti materiali. Voi suore ci sostenete nel promuovere i diritti umani, la dignità umana soprattutto dei gruppi resi maggiormente vulnerabili dalla guerra. La proposta di unirci a Talitha Kum ci ha risvegliato la speranza». I loro occhi brillavano di commozione e gratitudine, volti e parole che porto tatuate nel mio cuore, soprattutto in questi ultimi anni, durante i quali sono aumentate le diseguaglianze, sono cresciute le instabilità sociopolitiche, le guerre. Questo è un tempo nel quale interrogarci, metterci in ricerca per comprendere come le trasformazioni in corso stiano influendo su fenomeni globali, come la tratta di persone.
Come ha avuto inizio il suo impegno con Talitha Kum?
Il mio impegno contro la tratta nella rete delle religiose inizia nel 2007 a Fortaleza, in Brasile, dove, insieme ad altre suore impegnate nella pastorale dei minori, soprattutto di bambini e bambine vittime di abuso e violenza sessuale, abbiamo sentito parlare del lavoro in rete delle suore impegnate contro la tratta e abbiamo chiesto ai primi nuclei nati in Brasile nel 2006 di formarci e aiutarci a comprendere che cosa fosse la tratta di persone. Fin dall’inizio, il mio impegno contro la tratta, nella sua complessità, è stato marcato dal luogo in cui mi trovavo, la prospettiva era quella della prevenzione e l’emersione del problema nelle comunità impoverite. Fin da subito ho percepito il grande valore di lavorare in rete, tessendo reti sul territorio ma anche reti tra religiose. Nella zona in cui mi trovavo venivano reclutate le bambine e i bambini per lo sfruttamento sessuale, i bambini e le bambine partivano e di loro si perdevano le tracce. Per questo il nostro primo impegno è stato di coinvolgere e formare i e le leaders comunitari, entrare nelle comunità scolastiche e territoriali più colpite dalla tratta, raggiungere le zone rurali dove venivano reclutate le bambine nelle famiglie più povere. Dal 2009 ho fatto parte del coordinamento nazionale della Rete Um Grito pela Vida, rappresentandola a livello internazionale a partire dal 2010. Questo mi ha portata in Italia nel 2014 per presentare la campagna organizzata dalla Rete Um Grito pela Vida contro la tratta di persone durante la coppa del mondo che si svolgeva quell’anno in Brasile. Quello stesso anno Sr Estrella Castalone, FMA, allora coordinatrice di Talitha Kum, stava terminando il mandato e presentò me per una possibile successione. Fu così che alla fine di quello stesso anno arrivai a Roma con l’incarico di coordinatrice internazionale di Talitha Kum.
Qual è stata la sua esperienza in questi anni?
Questi anni sono stati una scuola di collaborazione, un tempo in cui noi religiose impegnate contro la tratta ci siamo rese conto che quello che stavamo facendo sia nell’accompagnamento alle vittime e persone a rischio di tratta, sia nel costruire un modello di collaborazione intercongregazionale, era qualcosa di nuovo, dove potevo contemplare la presenza dello Spirito Santo che ci guidava. L’ho toccato con mano diverse volte, soprattutto in situazioni difficili, intraprendendo cammini che si aprivano inaspettatamente davanti alle reti di Talitha Kum. Insieme, abbiamo cercato di tenere sempre al centro il dramma delle persone segnate dalla violenza della tratta di persone, il dolore delle loro famiglie, le ferite causate dalla tratta alle comunità. Non ci siamo sempre riuscite. Questa luce, però ci ha sempre orientato e guidato il discernimento.
Riguardo al problema della tratta di persone, in che modo si può contribuire a creare una mentalità e una cultura diverse?
La tratta di persone è una violazione dei diritti umani, della dignità umana, è una delle forme di sottomissione delle persone a fine di sfruttamento, per fare soldi in modo illecito e criminale. Le persone vengono sfruttate contro la loro volontà, spesso ingannate e travolte da dinamiche complesse in un vortice che le riduce in condizioni simili alla schiavitù nello sfruttamento sessuale e lavorativo, servitù domestica, matrimoni forzati. Le reti di Talitha Kum si sono impegnate fin dall’inizio, non solo nell’accompagnare le vittime, ma anche per comprendere e riconoscere le cause della tratta di persone, per poter incidere e trasformare ciò che provoca la tratta. Lavorare sulle cause è fondamentale perchè, purtroppo, è molto alto il numero di persone che una volta uscite dalla tratta, ricadono in condizioni di sfruttamento, per mancanza di alternative.
Cosa devono fare le società?
Siamo chiamati ad aprire gli occhi per vedere una realtà che rimane molto nascosta e difficile da riconoscere, non solo per i pregiudizi che avvolgono i gruppi discriminati che caratterizzano le persone trafficate: penso alle donne in situazione di sfruttamento sessuale, le minoranze etniche, i migranti senza documenti, i gruppi LGBTQ+, solo per citarne alcuni.
Per contrastare la tratta di persone dobbiamo affrontare le cause tra le altre vorrei ricordare le discriminazioni sofferte dalle popolazioni migranti, discriminazioni di genere, etniche ed economiche sofferte da milioni di persone. Pensiamo per esempio alla vulnerabilità che porta allo sfruttamento di persone che si trovano senza permesso di soggiorno. L’illegalità è un terreno fertile per ogni forma di criminalità, inclusa la tratta di persone. Negli ultimi anni è sempre più difficile parlare di queste problematiche.
Secondo lei, come mai?
Le trasformazione sociale, le instabilità, la crisi economica con conseguente aumento della povertà e delle disuguaglianze, sta facendo paura. Le reti di Talitha Kum hanno osservato un aumento significativo delle persone che si trovano in condizione di vulnerabilità, senza lavoro, senza status, senza possibilità di sopravvivere in condizioni dignitose per loro e le loro famiglie.
Parlare di tratta di persone è parlare di modelli di sfruttamento che mettono in discussione privilegi di alcuni gruppi. In fondo la tratta è un business che mobilita una quantità enorme di soldi sia alle organizzazioni criminali ma anche a tante persone e organizzazioni che attraverso la catena del sotto-costo, di fatto favoriscono lo sfruttamento lavorativo. Credo che ora come non mai siamo chiamati ad accogliere l’invito della IX Giornata di Preghiera, a Camminare per la dignità. Questo è un invito rivolto a tutti, soprattutto ai giovani, per trovare la forza ed il coraggio di mettersi in movimento, insieme, per non perdere di vista il valore della dignità umana.