La trasparenza innanzitutto

La protesta delle banche al decreto liberalizzazioni ha portato alle dimissioni dei vertici Abi: ma prima di tutto è necessaria la chiarezza. A colloquio con Mario Crosta, direttore generale di Banca etica
L'insegna di una banca

I banchieri non ci stanno: i vertici dell’Abi, presidente Giuseppe Mussari in testa, hanno rimesso il loro mandato per dire no al decreto liberalizzazioni, in particolare alla norma che cancella le commissioni sugli affidamenti. Tra le motivazioni addotte, il fatto che le banche non possono essere costrette a fornire dei servizi gratuitamente. Ma la rilevanza sociale della loro opera, ben evidente in particolare nella storia del nostro Paese, non può giustificare misure di questo genere? Lo abbiamo chiesto a Mario Crosta, direttore di un istituto di credito attento “per costituzione” a queste questioni: Banca etica.
 
Dott. Crosta, qual è la posizione di Banca etica in merito alla decisione dei vertici Abi?
 
«Siamo preoccupati e speriamo che il dialogo possa riprendere al più presto, considerate le funzioni importanti che l’Associazione svolge. Su questa norma è necessario fare chiarezza: la definizione di “commissioni” è abbastanza generica. Noi non le abbiamo mai applicate sul massimo scoperto e sulla disponibilità di fondi: ma il tutto deve rientrare in una riflessione più ampia sul rapporto tra le banche e l’economia reale. Le condizioni di stretta creditizia sono sotto gli occhi di tutti, ma le norme perentorie non sono la maniera migliore di intervenire: l’irrigidimento delle parti che ne consegue rischierebbe di andare a discapito di famiglie e imprese».
 
Il valore sociale del credito non potrebbe quindi giustificare la gratuità?
«In discussione è proprio l’equilibrio tra questa funzione sociale, tanto più che il risparmio è un bene tutelato dalla Costituzione, e la necessità di far quadrare i conti. Gratuità non significa gratis: anche i servizi pubblici vengono pagati dai cittadini attraverso le tasse, però secondo un principio di solidarietà per cui lo si fa in ragione delle possibilità di ciascuno. Noi siamo partiti ancor prima di sapere che cosa avrebbe fatto il governo: alcuni servizi sono gratis, ma non può essere la regola. Ancor prima viene la definizione di criteri di trasparenza per il servizio stesso, in modo che le persone possano fare una scelta consapevole. Ciò che tuttora non funziona è una certa opacità in questo senso».
 
Le banche infatti sembrano non godere di molta fiducia, tanto che una delle accuse mosse all’esecutivo è stata quella di aver preso questi provvedimenti solo per non apparire come “il governo dei banchieri”: come si pone Banca etica rispetto a questo discredito?
 
«Qualsiasi sondaggio evidenzia come le banche siano, insieme ai partiti, ai livelli più bassi di fiducia dei cittadini. Le ragioni possono essere molte, ma non bisogna gettare il bambino con l’acqua sporca: per questo sosteniamo la definizione di regole chiare secondo cui le attività di credito debbano svolgersi, riconoscendo la funzione pubblica e sociale delle banche. Il governo deve esercitare un ruolo di programmazione e di controllo, ma esasperare il lato prescrittivo rischia di far saltare la libertà d’impresa. Mi permetto poi di aggiungere che, se la pubblica amministrazione pagasse tutti i suoi debiti, buona parte dei problemi di liquidità sarebbero risolti».
 
Proprio la liquidità è una delle questioni fondamentali: le banche sono state accusate di averne avuto accesso a tassi molto bassi dalla Bce, mentre faticano a concederla a famiglie e imprese. Voi come rispondete?
«Il credito concesso dalle banche aderenti all’Abi è cresciuto del 2,5 per cento nel 2011, e quello di Banca etica addirittura del 25 per cento. Rispetto alle aste della Bce, il problema nasce a monte, ossia dalla necessità di ripristinare la liquidità ordinaria: ora che la questione è stata affrontata, però, è necessario passare a una fase di sostegno all’economia reale. Un imprenditore di Verona si è dato alle fiamme perché non gli erano stati concessi quattromila euro: queste cose non devono succedere».
 
Che cosa fate concretamente in questo senso?
«Già alla fine dello scorso anno abbiamo aperto delle linee specifiche per le cooperative sociali, in modo da consentire loro di pagare stipendi e tredicesime. Inoltre abbiamo sostenuto alcune aziende in crisi, tramite il credito alle cooperative subentrate nella gestione. In provincia di Modena, poi, abbiamo finanziato una cooperativa di genitori che ha installato dei pannelli fotovoltaici sul tetto della scuola. Il risparmio sul costo dell’energia è stato destinato alle attività didattiche: un esempio che dice quanto può fare la finanza quando è a servizio della gente».
 

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