La trappola della paura dopo Parigi
Vi racconto una storiella vera. Abitavo a Parigi e spesso dovevo tornare a Roma. Quasi sempre in aereo. Una sera c'era una tale tempesta di vento che credetti di morire. A Fiumicino lo scalo era chiuso. A Napoli pure. E noi continuavano a stare per aria. Finché Pisa aprì e atterrammo. Un passeggero fu sbarcato morto di infarto. Per un anno usai solo il Palatino, il treno notturno Roma-Parigi-Roma.
Finché mi resi conto che il mio lavoro e le mie scelte di vita mi costringevano a salire di nuovo su un aereo. Come vincere la paura irrazionale dell'aereo? Era chiaro che era il mezzo più sicuro, ma l'horror vacui mi bloccava. Lo dissi a un amico psicologo che mi consigliò di affrontare il volo facendomi un programma: segmentare il tempo, 5 minuti di lettura, 5 di scrittura, 5 di preghiera, 5 per andare alle toilette, 5 per leggere una lettera… Scrissi tutto ciò nel taccuino e cercai di osservare scrupolosamente quanto scritto. Funzionò abbastanza bene la prima volta, e poi sempre meglio.
Penso a tutto ciò in questi giorni di paura. Il centro di Parigi è vuoto, i tavolini dei bar disertati, gli stadi pure. E i giornali non fanno che accentuare l'insicurezza: terrore in Germania, l'incubo dell'Isis, il Califfato ci toglie la libertà. Credo che questo sia il momento di reagire. Daesh (cioè l'Isis senza più la qualifica di Stato) cerca proprio di bloccarci. Stiamo cadendo nella trappola della paura. Tutti quanti. A cominciare da noi giornalisti che cediamo alla legge dell'audience e spariamo a tutto spiano notizie e commenti che fanno il gioco dei signori in nero.
Segmentiamo il nostro tempo e continuiamo a vivere normalmente. Magari facendo in modo che alcuni di questi segmenti di tempo siano dedicati agli altri (è il miglior antidoto alla paura), alla conoscenza del vero Islam con un buon libro, alla preghiera (o alla meditazione) se si crede, familiarizzare coi vicini… Chi l'ha fatto testimonia che la paura se ne va. E così Daesh sarà sconfitto anche da noi semplici cittadini.