La tragicità del male
Mentre mi apprestavo a scrivere un articolo sull’omicidio Varani, la radio annunciava l’ennesimo attentato (questa volta nel cuore dell’Europa, a Bruxelles) con oltre trenta morti. Sconforto, ansia, angoscia mi assalgono, insieme a un senso di impotenza… è troppo. Sì, troppo.
Fino a quando potremo sopportare tanta violenza? Possono gli esseri umani arrivare a tanto, uccidere un giovane solo per il gusto perverso di “vedere come si muore”? Ci si può far esplodere per un apparente ideale, provocando stragi e ferite così devastanti? La morte naturale sembra sopportabile, umana e, pur nella tragicità, forse anche giusta. Ma così?
Morire in questo modo non è solo tragico, è assurdo, inconcepibile alla mente umana. Sì, inconcepibile! Allora, se la mente non può concepire simili tragedie, chi c’è dietro? Il nemico è uno solo: il principe di questo mondo, il diavolo. Il diavolo che tentando e pervertendo la libertà degli uomini, li rende apparentemente onnipotenti, illudendoli sadicamente di un piacere perverso e devastante. Il risultato? Sofferenze inaudite per gli innocenti e tragicità per gli esecutori.
Mi vengono alla mente le parole del grande filosofo Pascal: «L’uomo molte volte è una bestia, altre un angelo». Quindi “essere una bestia” è una possibilità degli esseri umani. Una possibilità che non può essere attribuita al Dio creatore che, essendo amore, genera amore (fino alla massima libertà).
Una possibilità che può essere attribuita alla libertà dell’uomo quando viene pervertita dal male. Questa perversione è talmente grande che rischia di trascinarci in una condizione di odio reciproco, in sentimenti di vendetta e di rancore, in una spirale senza fine. In questo modo il pensiero perverso continua a sopravvivere. È stato René Girard (grande filosofo e antropologo francese), a indicarci la strada per uscire da questo circolo quando, parlando di Gesù crocefisso, dice che solo Lui interrompe il circolo perverso, perdonando chi l’ha messo in croce e pregando Dio per i suoi aguzzini.
Ma noi non siamo in grado di fare questo. Lui è lì, impotente come noi, per vivere, piangere e morire con noi, convincerci che l’amore trionferà, pur nella apparente impotenza e in uno sconcertante silenzio. Dio in croce sta lì, senza scendere, per penetrare i nostri cuori con la sua devastante innocenza e farci sperimentare la misericordia verso di noi, per testimoniarci l’assurdità del suo amore.
Ecco allora la risposta, l’unica che noi esseri umani possiamo darci per continuare a sperare: aggrapparci a un Dio che è Amante e Giusto. Noi non siamo capaci di tanto, ma Lui in noi sì! La ragione umana non è in grado, ma l’amore sì. Solo l’amore può contenere l’assurdo e la tragicità del male.
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