La tragedia senza fine del Centrafrica

Riceviamo e pubblichiamo una lettera da Bouca, città in mano a bande armate appartenenti agli ex-Seleka e all’opposizione anti-Balaka sequestrano e uccidono senza ragione civili e religiosi, dove le Figlie di Maria Missionarie sono state costrette a lasciare la missione. Il dramma della fuga
Bangui. Combattimenti tra militari e milizie ribelli

«Con tanta sofferenza vi scrivo queste righe per comunicarvi che siamo state obbligate a lasciare la missione sperando che la gente possa essere meno presa di mira dai gruppi armati.

A metà aprile sono arrivati a Bouca una trentina di militari armati a bordo di due fuoristrada e hanno cominciato a sparare sulle forze internazionali della MISCA (Missione Internazionale di Sostegno al Centrafrica), che hanno risposto con altrettanta decisione e in poco meno di 3 minuti, hanno chiesto il cessate il fuoco. Dopo qualche ora sono ripartiti verso la parte opposta da cui erano arrivati. Tutto sembrava essere tornato tranquillo.

Il mercoledì santo è passato il nostro Vescovo (Mgr Nestor Nongo Aziagbia) intenzionato a recarsi nella parrocchia vicina, dove da più di un anno non c’era nessuno. Stava accompagnando tre sacerdoti per celebrare la messa in Cena Domini e benedire la chiesa profanata. Il venerdì santo avrebbe celebrato con noi a Bouca. Dopo pranzo è ripartito con i tre sacerdoti con l’arrivederci per il giorno dopo. Alle 5,30 del pomeriggio il parroco della nostra parrocchia ci annuncia che i militari, passati il giorno prima, avevano preso in ostaggio il vescovo e i preti e li stavano minacciando seriamente nella loro base, situata dentro la città dove dovevano celebrare la messa. Dopo un interrogatorio sommario li hanno caricati in macchina e condotti verso una destinazione sconosciuta. La sera verso le 21,30 il capitano della MISCA ci ha chiamate perché avevano ritrovato il vescovo, i preti e la macchina in un’altra città più al nord, ma che stavano bene e che erano al sicuro.

Da questo momento abbiamo capito che sarebbe stato sempre più difficile vivere perché era chiaro che non avrebbero rispettato più nessuno e che erano pronti per cominciare una persecuzione contro la Chiesa e in particolare contro i sacerdoti. Le notizie in questa direzione ci sono giunte in mille modi diversi e la sera del venerdì santo abbiamo saputo che in un’altra zona della diocesi avevano ucciso un giovane sacerdote mentre rientrava in parrocchia. E’ cominciata da quel momento l’attesa ansiosa e trepidante, perché sapevamo che quando quei militari sarebbero tornati, il loro obiettivo sarebbe stato la missione. Difatti il 22 aprile alle tre del pomeriggio hanno fatto irruzione in città sparando. Interpellati dal capitano della MISCA, hanno detto che erano di passaggio per Bossangoa. Hanno fatto finta di partire e dopo mezz’ora sono tornati indietro e si sono installati in città.

La gente ha cominciato a correre e a rifugiarsi nella nostra missione perché temevano le loro reazioni. La mattina dopo, alle sei circa, hanno cominciato a sparare in tutte le direzioni e ad avvicinarsi alla missione dove c’erano i militari della MISCA per proteggerci. Ci hanno fatto segno di entrare tutti in casa e di stenderci per terra. La tensione è stata forte ed è durata quattro, cinque ore: il tempo era interminabile. Non sapevamo quali potessero essere le loro intenzioni. Tutti coloro che riuscivano a raggiungerci al telefono ci dicevano di lasciare la missione, ma non potevamo perché ormai la città era sotto il loro controllo.

Il pomeriggio, verso l’una, abbiamo saputo che un colonnello della MISCA sarebbe passato da Bouca per andare a Bossangoa. In poco tempo abbiamo chiesto al capitano se poteva prenderci. Alle tre e quindici del pomeriggio il colonnello è arrivato, vista la situazione ha dato il suo accordo e in dieci minuti abbiamo fatto la valigia e lasciato la missione. Vi assicuro che mi sentivo male da morire al solo pensiero di lasciare la gente senza poter sapere cosa ne sarebbe stato di loro. Erano soprattutto donne, bambini e anziani. Ho avuto la sensazione di tradirli, di abbandonarli, ma qualcosa mi diceva che era la sola soluzione perché avessero una speranza di salvarsi.

Rileggendo a qualche giorno di distanza tutto questo vi dico che è stata l’esperienza della Pasqua più forte che io avessi mai vissuto e il Signore mi ha sorpreso con la sua di Pasqua, che non era quella programmata e nemmeno pensata. Continuate a pregare per questo popolo che sta pagando a caro prezzo l’ipocrisia di un mondo politico-economico in cui la vita non ha valore.

Vi abbraccio, suor Angelina

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