La tragedia immane dei profughi iracheni
Terry Dutto è appena rientrato da Erbil, capitale del Kurdistan iracheno. Terry, sposato con tre figli ormai grandi, dal 1968 lavora come volontario per le emergenze umanitarie, prima con la Caritas, ora con la Focsiv. Nelle grandi tragedie dell’umanità lui c’era: a Beslan, in Ossezia, dopo la strage di bambini in una scuola; in India, appena passato lo tsunami, in Rwanda, Bosnia, Somalia. L’elenco potrebbe continuare a lungo.
«Ma mai ‒ racconta ‒ ho visto qualcosa come nel Nord dell’Iraq». Erbil conta circa 500 mila abitanti, tanti quanti gli sfollati in città che stanno riducendo le risorse e condizionano le attività sociali e la qualità della vita delle comunità ospitanti. Le persone approdate nella zona libera della Regione Autonoma del Kurdistan, circa un milione e ottocento mila, sono totalmente prive di ogni effetto personale, lasciato nell’urgenza della fuga.
«L’invasione delle città e dei villaggi occupati dall’Isis ‒ spiega Terry ‒ è stata accompagnata dalla distruzione di case, di servizi urbani e di infrastrutture, ed è stata accompagnata da crudeli uccisioni di persone, adulti e talvolta bambini, con modalità orribili che stanno lasciando profondi solchi di paura nei sopravvissuti. Per quanto riguarda i bambini, molti sono stati assoggettati a esperienze profondamente crudeli, che possono lasciare segni profondi per la loro vita».
Dopo ormai oltre un mese di adattamento a condizioni sub-umane, le diverse comunità in fuga – cristiani, yazidi, turcomanni, sunniti non fondamentalisti, sciiti – stanno mostrando una particolare resilienza, con dignità e forza morale. Ecco dunque come in questo deserto dell’umanità sono nati dei fiori come il padre rogazionista Jalili Jako e la suora francescana Ibtisan. Entrambi iracheni e entrambi sfollati. Ora, per allievare le sofferenze e le tensioni, creano dei gruppi di animazione per bambini. «Li ho visti all’opera – dice Terry – e danno un apporto meraviglioso. Riescono a dare ai bambini dei momenti di serenità e spensieratezza con canti, giochi, animazione. Per loro è l’unica operazione rilassante».
Il cibo, l’acqua in bottiglia, degli alloggi di fortuna sono arrivati, «ma osservandoli da vicino – spiega Terry – ti accorgi delle cose semplici che mancano: hanno il riso e la pasta, ma gli manca il sale per cucinare, non hanno pannolini, strumenti musicali. Tra una settimana torno ad Erbil e con la Focsiv li sosterremo. L’attenzione del progetto è rivolta a due realtà che stanno emergendo dal quadro generale: l’assistenza primaria alle comunità degli sfollati nelle aree a loro assegnate e il tentativo di integrazione della loro presenza nel quadro della realtà locale ospitante».
Gli sfollati sono ospitati in alloggi di fortuna: scuole, case abbandonate, ricoveri, ma la vita di Erbil deve riprendere. Profughi senza più nulla di proprio saranno presto trasferiti in campi allestiti fuori città. Abiteranno nelle tende con l’inverno oramai in arrivo.