La tragedia di Lampedusa esige conversione
Papa Francesco a Lampedusa, ai primi di luglio, così parlò: «Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto nel nostro cuore, domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socioeconomiche, che aprono la strada a drammi come questi. Chi ha pianto oggi nel mondo». Infine, conclude con una domanda di perdono per «chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio benessere, che porta alla anestesia del cuore, per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. E per i cristiani che sono indifferenti ai drammi della storia».
Ecco da Lampedusa il papa invoca il perdono per tutti. Senza la parola del perdono niente si costruisce e si ricostruisce. Ma dopo tre mesi ci inchiniamo sgomenti davanti alla nuova tragedia, con centinaia di morti innocenti. Il papa ha gridato la parola “vergogna”. Cristo porta la nostra vergogna perché noi possiamo seguire la sua.
Rimbalzano oggi le parole di Luca al capitolo 13: «In quel tempo vennero alcuni a riferirgli il fatto dei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con i loro sacrifici .E Gesù rispondendo disse loro: “Pensate voi che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico, ma se non vi convertite perirete tutti”».
Assistiamo a parole e a lacrime di convenienza. Nessuno si converte, nessuno riconosce le sue responsabilità per questa indicibile tragedia. Innanzi tutto le nostre responsabilità di credenti, che stiamo perdendo l’anima cercando il potere e non il servizio, alimentando la cultura dello scarto piuttosto che quello dell’accoglienza, essendo remissivi verso i potenti di turno, in cambio di qualche indecente elemosina. Una Chiesa tiepida e mondana, che con i suoi riti e le sue vesti copre il vuoto di Vangelo che l’attraversa.
La politica deve convertirsi, mettendo al centro i deboli e i piccoli. Troppi Paesi hanno usato il mar Mediterraneo come mare di guerra, dalla Libia alla Siria, passando per il Mali. Troppi Paesi hanno abbandonato l’Africa alla tragedia della sua povertà. E poi diciamo che non c’entriamo per niente in questa tragedia!
Abbiamo rischiato un intervento militare devastante in Siria e non abbiamo visto questo barcone di fratelli e di sorelle che cercavano la vita, e non ci siamo accorti del dolore di tanti, di troppi, esclusi da una politica incapace di realizzare solidarietà e non inimicizia. In Libano ci sono un milione di profughi dalla Siria e non ci sono queste tragedie, pur in una situazione difficilissima. Perchè?
Oggi nella memoria di Francesco, mentre il papa è ad Assisi, accogliamo l’invito di Gesù alla conversione, confessiamo i nostri peccati di potere, di ricchezza, di omissioni, di cattivi pensieri. Se non ci convertiamo oggi, di fronte a un numero sterminato di bare e di persone uccise, prodotti da una politica cieca e da una Chiesa zoppa e sorda, ci ricorda Gesù, domani periremo.
Conversione e perdono sono le parole che insegna la piccola isola e la piccola Chiesa di Lampedusa..Unica luce in questa notte di violenza e di egoismo di un intero continente.
Senza conversione e senza perdono altre tragedie avverranno, ma soprattutto noi periremo nell’abisso del nostro egoismo e di una violenza che ci travolgerà.