La tragedia di Edipo in grecanico antico, tra parole, suoni e canti

Usando il testo antico, il regista Alessandro Serra riscrive il mito di Edipo. Eroe cieco ed esule, il re di Tebe incarna la condizione dell’uomo contemporaneo. Al Teatro Ivo Chiesa di Genova
foto di Alessandro Serra

L’acclamato Macbettu shakesperiano del regista Alessandro Serra, creato nel 2017, recitato in sardo barbarigino del logudorese, ha girato il mondo (e ancora in tournée) superando ogni barriera linguistica. Un vero caso teatrale che oggi si ripete con il nuovo Tragùdia, il canto di Edipo, con Serra che firma anche scene, costumi, luci e suoni. Ed è il canto e la parola a scandire questa nuova originale creazione, densamente stratificati di simboli, di suggestioni visive, di rimandi e contaminazioni teatrali ‒ con qualche sprazzo comico di beckettiana memoria ‒, che nascono dal suono della voce e dalla musicalità scaturita dall’energia del corpo degli attori. Corpi che si fanno strumento sonoro contagioso di trasmissione di forti emozioni (voci e canti di Bruno de Franceschi).

foto di Alessandro Serra

Ripartendo da un assunto di Antonin Artaud, che Serra ha fatto suo, «Creare miti, ecco il vero oggetto del teatro», egli, nell’esplorare gli archetipi della classicità, attinge ad una lingua remota: quella del grecanico calabro, idioma antichissimo definito, per quel parlare largo, “alla maniera dorica”, e ancora vivo, oggi, in alcune comunità tra la Calabria e la Puglia. Concepito scenicamente come un’allucinazione del Coro formato dai 7 attori che sono anche i personaggi della tragedia, lo spettacolo si dipana tra parole recitate e cantate (con sottotitoli in italiano), suoni registrati e generati dal vivo, cenni di danza, linguaggio dei segni.

foto di Alessandro Serra

Quel mondo antico vibra dentro una scenografia lignea: una grande parete nera frontale che svelerà porte, pertugi e apparizioni umane fino a precipitare a terra; e due lunghi pannelli laterali ruotanti assialmente, che le luci plasmeranno definendo atmosfere. Immerso in un quasi costante chiaroscuro, alternato a buio e luci taglienti, a sprazzi stroboscopici, e a profumo di incenso, Tragùdia si apre con la presenza inquietante di un angelo dalle ali nere, la Sfinge, che si aggira scrutandoci, e dare inizio alla storia di Edipo. Re e capro espiatorio, prescelto e reietto, figlio e marito, padre e fratello, incestuoso e parricida. Del mito e dell’eroe di Sofocle, Serra ricompone una sua scrittura dell’Edipo re e l’Edipo a Colono (con traduzione dal grecanico di Salvino Nucera) facendolo risalire dalla sofferta infanzia alla scoperta della verità sulle sue colpe, all’accecamento come espiazione, fino alla discesa nell’Ade del tormento; quindi alla resurrezione, diventando un essere sacro agli dèi, scomparendo nel bosco delle Eumenidi, e, prima di svanire nella luce, lasciando in eredità quella «…parola che ci libera di tutto il peso e il dolore dell’esistenza: Amore».

foto di Alessandro Serra

L’andamento liturgico e rituale della messinscena, pregno di sacralità, darà consistenza all’emergere di tutte le figure tragiche: Edipo con in mano l’asta dell’errante, Tiresia claudicante, bendato, e con due bastoni per sorreggersi; Polinice bloccato nel suo pastrano militaresco impregnato di polvere; Teseo vestito di un kimono rosso e una maschera giapponese; e Giocasta, Antigone, Ismene, in bianco e nero; il pastore, i servi, il bambino in fasce. E sono attori di encomiabile bravura, canora e recitativa, Alessandro Burzotta, Salvatore Drago, Francesca Gabucci, Sara Giannelli, Jared McNeill, Chiara Michelini, Felice Montervino, personificazioni concrete e senza tempo di una storia antica e sempre nuova. Ancora una volta l’estro artistico di Serra ammalia con la scatola magica del suo teatro arcaico, visionario e artigianale, i cui artifici scenici, vocali e narrativi scavano in profondità per riportare alla luce l’essenza stessa del mito, e dell’umano.

foto di Alessandro Serra

Lo spettacolo è stato premiato al 64° Festival Internazionale del Teatro MESS ricevendo il premio Golden Laurel Wreath nelle categorie miglior spettacolo, miglior regista, migliore attrice, e Premio Radio Sarajevo “Sound of MESS” (for the best of sound in theatre).

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