La tivù dalla Manica alle Ande
Un viaggio nelle televisioni di Stato oltre i nostri confini tra autonomia e sudditanza nei confronti del potere politico.
Dall’assoluta indipendenza del modello britannico allo spiccato regionalismo di quello tedesco: i modelli di gestione del servizio pubblico televisivo sono inevitabilmente diversi, ciascuno con le sue radici storiche, politiche e sociali. I nostri corrispondenti ci offrono uno sguardo su come funziona la tv di Stato in vari Paesi. Un panorama vario, ma estremamente istruttivo se si guarda al nostro servizio pubblico.
Gran Bretagna
La Bbc (British Broadcasting Corporation) è forse la più conosciuta al mondo. Fondata nel 1922 come operatore radio, ha iniziato le trasmissioni tv dieci anni dopo. Le fanno capo numerose emittenti, dagli otto canali nazionali a quelli via web: è così il primo operatore tv del Regno Unito, seguito dall’85 per cento dei sudditi di sua maestà. La Bbc è retta dal Bbc Trust, organo a cui spetta la direzione generale. I suoi componenti sono scelti tramite concorso pubblico, dopo un colloquio condotto da un membro del ministero per la Cultura, media e sport, dal presidente del Bbc Trust e da un membro indipendente. Questi comunicano la loro scelta al segretario di Stato per i media, al primo ministro e infine alla regina, a cui spetta la nomina formale. Responsabile della gestione dei servizi è l’Executive board, che non risponde ad alcun organo politico. È composto da dodici membri, tra cui un direttore generale nominato dal Trust. La Bbc è finanziata dal canone, che solo il 5,3 per cento dei cittadini evade. La pubblicità è limitata ai canali diffusi all’estero, che ricevono anche fondi statali.
Amanda Cima
Germania
Dopo l’esperienza di monopolio durante il periodo nazista, in Germania si è passati ad un sistema decentrato di dieci istituti regionali per la trasmissione radio e tv, indipendenti da ogni potere politico ed economico. Sono finanziati dal canone (80 per cento) e dalla pubblicità, in fasce orarie limitate. Le dieci emittenti regionali sono associate nell’Allgemeine Rundfunkanstalten Deutschlands (Ard), il primo canale. Dal 1961 le è stato affiancato un secondo canale pubblico nazionale, la Zdf. Ogni emittente è autonoma, e si autogoverna tramite il direttore generale, il consiglio d’amministrazione e il Consiglio televisivo. Quest’ultimo, totalmente indipendente, è composto da esponenti del mondo industriale, universitario, giovanile.
L’obiettivo è dar voce ai vari settori della società civile. Il Consiglio definisce le linee guida, senza toccare l’autonomia dei singoli operatori. Questo sistema, istituito nella Germania ovest, è stato esteso a tutto il territorio nazionale con l’unificazione. Attualmente la televisione tedesca è considerata tra le più competitive in Europa. Dopo le pesanti perdite subite con l’introduzione della tv privata, le reti pubbliche si sono stabilizzate sul 45 per cento di share. Contrariamente alla maggior parte del continente, dove le emittenti pubbliche si conformano alle reti commerciali, in Germania queste hanno saputo resistere all’omologazione.
Winfried Baetz
Francia
Il panorama televisivo in Francia vede da una parte le tv private in mano ai grandi gruppi editoriali; dall’altra i cinque canali della tv pubblica, non più concorrenti ma complementari, raggruppati nella società France Télévisions S.A. Attualmente i francesi ricevono gratuitamente in digitale 18 canali pubblici e privati. Il servizio pubblico è finanziato dal canone e dalla vendita all’estero dei programmi. Da gennaio 2009 la pubblicità, che rappresentava quasi il 20 per cento delle risorse, è stata soppressa nei canali pubblici nella fascia oraria dalle 20 alle 6. Lo Stato ha promesso di colmare il vuoto con aiuti finanziari.
La nomina del presidente di France Télévision è diventata oggetto di polemica. Nominato in passato dal Consiglio superiore degli audiovisivi (Csa) – una sorta di interfaccia tra media e potere politico, con tre membri nominati dal presidente della Repubblica, tre dal presidente della Camera e tre da quello del Senato – è ormai scelto direttamente dal presidente della Repubblica «su consiglio del Csa». Tutto dipende quindi dalla composizione di questo consiglio e dalla sua capacità di resistere alle pressioni politiche. I professionisti dei media e la società stessa chiedono dunque una riforma del Csa.
Alain Boudre
Argentina
Nel mercato argentino la tv di Stato è la classica cenerentola. Conta un canale in chiaro e uno culturale via cavo, ma entrambi hanno un pubblico così scarso da non apparire negli indici di ascolto. Scarsità di fondi, segnale di bassa qualità, programmi con poche risorse e spesso antiquati fanno sì che il servizio pubblico non sia in grado di competere con la tv privata. A ciò si aggiunge la tendenza a rispondere alle direttive del governo, al quale spetta la nomina dei dirigenti. In queste settimane di dibattito per la nuova legge sulla radiodiffusione da varie parti si aspira al modello di autonomia della Bbc. Ciò non significa che il governo non abbia peso nei media tramite la pubblicità di Stato, spesso vera propaganda. Il budget è di circa 1,2 miliardi di pesos (200 milioni di euro), più che sufficienti per cambiare l’orientamento politico di alcuni media privati.
Alberto Barlocci