La terra dei figli

Cosa succede quando la terra sarà spopolata e semidistrutta? Gli uomini proveranno ancora a vivere? E i giovani cosa faranno?
Actress Valeria Golino poses for photographers during the red carpet for the movie "Fortuna" at the Rome Film Festival, in Rome, Monday, Oct. 19, 2020. (AP Photo/Gregorio Borgia)

Sarà che i film catastrofici da anni ci stanno inondando con previsioni fosche sul post-apocalisse, un altro lavoro del genere verrebbe da non vederlo. E invece, no. Il  film di Claudio Cupellini, tratto dal fumetto di Gipi, non è come gli altri. Intanto, i personaggi sono pochissimi: un padre, un figlio, una ragazza, una sorta di strega, due energumeni, un mazzo di terroristi-cannibali: in tutto nemmeno venti.

Il padre è un uomo malato e disilluso (Paolo Pierobon) che vive su una palafitta in riva ad un lago con il figlio adolescente (Leon De La Vallée), che non sa leggere, nemmeno ha un nome, è selvatico e ingenuo, viene trattato duramente dal genitore che non gli fa leggere il diario su cui scrive ogni sera. Contatti con il resto dell’umanità, scarsissimi: la cieca (Valeria Golino) che il ragazzo chiama “strega”, è una donna buona che ha molto vissuto; e un solitario violento e null’altro. Chiusi nella laguna, padre e figlio convivono con apparente mancanza di affetto in un mondo distrutto e pericoloso.

La morte del padre costringe il ragazzo a crescere, si imbatte in un gruppo violento dove vive un boia oppresso da sensi di colpa (Valerio Mastandrea) che dovrebbe ucciderlo. Conosce una ragazza: lui è tutto ossa,  patisce la fame, non sa cosa sia l’affetto, eppure ne ha un bisogno immenso. Cerca qualcuno che sappia leggere il diario del padre. Deve crescere in mezzo ad un resto del mondo violento, cupo, grigio.

Una storia desolata, di desolazione, di non-amore. Non ci sono più figli, li hanno uccisi, il ragazzo è vivo, casualmente. Pensa che il padre lo odi. Ma sarà davvero così? La terra che i figli ereditano dagli adulti è ben poca cosa, è un resto di una civiltà  scomparsa che non ha lasciato spazio all’amore. Eppure, è l’amore che in modo imprevisto viene scoperto.

Chiara metafora del nostro mondo attuale, il lavoro di Cupellini, che nulla concede alla retorica o a effetti speciali, parla con le immagini e i silenzi, è un racconto di formazione, interpretato da attori bravissimi, compreso il giovane esordiente dallo sguardo espressivo. È da una parte un atto di accusa ad una società disumanizzata dove i giovani sono soli e sfruttati dagli adulti, e dall’altra tuttavia offre uno spiraglio di speranza. Quale? La scoperta verrà dopo una attesa dolorosa. Da non perdere.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons