La tenacia di Lai Chi-Wai: un grattacielo in carrozzina

Lai Chi-Wai, campione di arrampiacata paralizzato da un decennio, si è issato con la sua carrozzina a oltre 250 metri di altezza scalando la Torre Nina di Honk Kong, per lanciare un messaggio forte e chiaro
Lai Chi-wai (AP Photo/Vincent Yu)

«Voglio dire a tutti che una persona disabile può brillare, può allo stesso tempo portare opportunità, speranza, portare luce, non deve essere vista come debole». Parola di un cosiddetto disabile, Lai Chi-Wai, con un segno particolare: essere riuscito a issarsi con la sua carrozzina fino a 250 metri di altezza, scalando la Nina Tower, celebre grattacielo alto 300 metri della Kowloon Peninsula di Hong Kong. Un’impresa non ultimata per poco ma clamorosa, ordita lo scorso gennaio per beneficenza, penzolando nel vuoto attaccato a una corda con un sistema a carrucola: il 37enne alpinista, paraplegico dalla vita in giù da circa un decennio a causa di un incidente in auto, ha compiuto una scalata a dir poco strepitosa, imbracato alla sua sedia a rotelle. Prima del 2011, anno dell’incidente, era stato per ben quattro volte campione asiatico di arrampicata su roccia (climbing), nell’Asian Rock Climbing Championship.

Dopo l’incidente

Non si era arreso: aveva ripreso ad arrampicarsi attaccando la sua carrozzina a un innovativo sistema di carrucole, compiendo altre imprese. Era già nota la scalata del monte Lion Rock, torrione roccioso di 495 metri che sovrasta Hong Kong, sempre issandosi a forza di braccia sulla sedia a rotelle. Per la cultura popolare locale, si tratta della montagna simbolo della forza e della tenacia di Hong Kong. «Oltre a vivere, mi chiedevo, cosa mi spinge? Così ho iniziato a inseguire questa cosa, sapendo che c’era la possibilità di scalare montagne, anche su una sedia a rotelle – ha detto raccontato. – In un certo senso, dimenticavo di essere una persona disabile, potevo ancora sognare e potevo ancora fare quello che mi piaceva».

L’ultima impresa lo ha reso il primo paraplegico a scalare un grattacielo così alto, per una durata di circa dieci ore. Nonostante fosse abituato, prima dell’incidente, a scalare pareti delle montagne, Lai non ha nascosto l’emozione: «Ero abbastanza spaventato, perché salendo su una montagna posso aggrapparmi a rocce o piccoli buchi ma, con il vetro, tutto ciò su cui posso fare affidamento è la sola corda da cui penzolo». L’evento è riuscito a raccogliere 670mila dollari in donazioni per persone con lesioni al midollo spinale.

Torre Nina a Hong Kong (da Wikipedia)

Non è stata una passeggiata

Insidiato dal freddo e stordito dalle vertigini, Lai è stato visto più volte colpire il suo casco per rimanere vigile, ma non è desistito mai, fino a 800 piedi, quando le raffiche di vento erano diventate implacabili e la sedia a rotelle ha iniziato a girare. Temendo per la propria sicurezza, ha chiamato la salita poco prima del suo obiettivo, sopraffatto dalla delusione, com’è dei campioni, ma felice per esser riuscito nell’intento di donare il ricavato in beneficienza. «Guardando in alto, posso vedere le condizioni avverse che ho dovuto affrontare e sentire la paura e l’impotenza mentre ero sospeso a mezz’aria», ha affermato.

«Ho anche visto quanto ero vicino al raggiungimento del mio obiettivo – ha concluso, confessando di aver superato le sue stesse aspettative su forza, resilienza e processo decisionale. Ma non ho scuse da dare come atleta: non mi aspettavo di non essere in grado di finire, quando c’era ancora un po’ di forza nel mio corpo». Quasi a ricordare come uno spirito da autentico sportivo non cerchi mai giustificazioni, ma solo responsabilità e nuovi obiettivi. Lai è un altro volto di un campione #OltreLaBarriera che non si appiglia ad alibi, arbitri, pali, complotti e sfortune varie. Perché un campione come lui trova stimoli e apre brecce dove altri vedono muri o pareti invalicabili, di qualunque altezza siano.

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