La tegola della speranza

Riflessioni a margine del discorso di fine anno del presidente Sergio Mattarella.  Tanti spunti, per la vita concreta del nostro Paese, bisognoso di ritrovare coesione e idealità, in un orizzonte europeo e internazionale

Una tegola, quella di Norcia dipinta dai ragazzi dell’istituto De Gasperi-Battaglia. Era l’unico “addobbo” che si intravedeva sul mobile accanto alla poltrona da cui il presidente Mattarella ha rivolto il suo saluto agli italiani a fine anno.  Una tegola bella a vedersi, proveniente da uno dei paesi fortemente colpiti dal terremoto che ha devastato intere comunità del Centro Italia.

Di tegole in testa – verrebbe da dire –  ne abbiamo prese nel 2016, a livello personale, nelle nostre comunità di vita e di lavoro. Soprattutto, nell’anno appena trascorso, tante “tegole” sono state fatali a chi non si è più potuto rialzare con le proprie gambe dal crollo di case che non hanno retto il sisma, e non solo. Basti ricordare che l’anno ci ha salutato con due vittime, madre e figlia, che ad Acilia hanno perso la vita per il crollo della palazzina in cui abitavano a causa di una fuga di gas. Per non parlare delle tragedie fuori dal nostro Paese. Sì, nell’immaginario collettivo la tegola non evoca sentimenti positivi.

Eppure quella tegola era lì, accanto al nostro presidente, in un ambiente essenziale, in un momento importante, a far da sfondo ad un discorso sempre tanto seguito. A me è sembrato che quella tegola simboleggiasse tante cose.

 

Vi ho colto una tegola che dice vicinanza. «Ho visitato, anche quest’anno, numerosi territori, ho incontrato tante donne e tanti uomini – ha esordito Mattarella -. Ho conosciuto le loro esperienze, ho ascoltato le loro speranze, le loro esigenze. Ho potuto toccare con mano che il tessuto sociale del nostro Paese è pieno di energie positive. Tante persone – ragazzi, giovani, adulti, anziani – svolgono, con impegno, il proprio dovere. Molti vanno anche oltre, pronti a spendersi per gli altri e per la collettività, a soccorrere chi si trova in pericolo o in difficoltà. Senza inseguire riconoscimenti o cercare la luce dei riflettori».

Una tegola che esprime concretezza, in un altro passaggio. «Ci siamo ritrovati tutti nel sostegno alle popolazioni colpite e nell’apprezzamento per la prontezza e l’efficacia dei soccorsi. Alla Protezione Civile, ai Vigili del Fuoco, alle Forze di Polizia, ai nostri militari, ai tanti volontari esprimo la riconoscenza del Paese. Il loro operato è oggetto dell’ammirazione internazionale».

E ancora, una tegola che rimanda a qualcosa di vitale. «Il nostro Paese è una comunità di vita, ed è necessario che lo divenga sempre di più. Questo senso diffuso di comunità costituisce la forza principale dell’Italia, anche rispetto alle tante difficoltà che abbiamo di fronte».

 

Dietro questa tegola si possono intravvedere lavori in corso. «Abbiamo, tra di noi, fratture da prevenire o da ricomporre – ricordava il presidente -. Tra il Nord del Paese e un Sud che è in affanno. Tra città e aree interne. Tra centri e periferie. Tra occupati e disoccupati. Barriere e difficoltà dividono anche il lavoro maschile da quello femminile, penalizzando, tuttora, le donne».

Ma anche un forte richiamo. «Far crescere la coesione del nostro Paese, vuol dire renderlo più forte. Diseguaglianze, marginalità, insicurezza di alcuni luoghi minano le stesse possibilità di sviluppo.  Essere comunità di vita significa condividere alcuni valori fondamentali. Questi vanno praticati e testimoniati. Anzitutto da chi ha la responsabilità di rappresentare il popolo, a ogni livello. Non vi sarà rafforzamento della nostra società senza uno sviluppo della coscienza civica e senza una rinnovata etica dei doveri. Le difficoltà, le sofferenze di tante persone vanno ascoltate, e condivise. Vi sono domande sociali, vecchie e nuove, decisive per la vita di tante persone».

O l’indicazione di errori da evitare. «Sarebbe un grave errore sottovalutare le ansie diffuse nella società. Vi è un altro insidioso nemico della convivenza, su cui, in tutto il mondo, ci si sta interrogando. Non è un fenomeno nuovo, ma è in preoccupante ascesa: quello dell’odio come strumento di lotta politica. L’odio e la violenza verbale, quando vi penetrano, si propagano nella società, intossicandola. Una società divisa, rissosa e in preda al risentimento, smarrisce il senso di comune appartenenza, distrugge i legami, minaccia la sua stessa sopravvivenza. Tutti, particolarmente chi ha più responsabilità, devono opporsi a questa deriva».

 

Ai giovani, come quelli che gli hanno offerto quella tegola, Mattarella dice: «La vostra è la generazione più istruita rispetto a quelle che vi hanno preceduto. Avete conoscenze e potenzialità molto grandi. Deve esservi assicurata la possibilità di essere protagonisti della vita sociale.

Molti di voi studiano o lavorano in altri Paesi d’Europa. Questa, spesso, è una grande opportunità. Ma deve essere una scelta libera. Se si è costretti a lasciare l’Italia per mancanza di occasioni, si è di fronte a una patologia, cui bisogna porre rimedio. I giovani che decidono di farlo meritano, sempre, rispetto e sostegno. E quando non si può riportare nel nostro Paese l’esperienza maturata all’estero viene impoverita l’intera società».

Dall’Italia all’Europa per sottolineare che «tante esperienze di giovani che condividono, con altri giovani europei, valori, idee, cultura, rendono evidente come l’Europa non sia semplicemente il prodotto di alcuni Trattati. Un Continente che, dopo essere stato, per secoli, diviso da inimicizie e guerre, ha scelto un cammino di pace e di sviluppo comune. Quei giovani capiscono che le scelte del nostro tempo si affrontano meglio insieme. Comprendono, ancor di più, il valore della pacifica integrazione europea di fronte alla tragedia dei bambini di Aleppo, alle migliaia di persone annegate nel Mediterraneo e alle tante guerre in atto nel mondo. E non accettano che l’Europa, contraddicendosi, si mostri divisa e inerte, come avviene per l’immigrazione».

Un altro oggetto trova posto nella scena del discorso: un disegno dei bambini della scuola dell’Infanzia di Acquasanta Terme. Reca scritta una frase: «La solidarietà diventa realtà quando si uniscono le forze per la realizzazione di un sogno comune».

E’ l’augurio con cui il presidente Mattarella conclude il suo discorso. E’ l’augurio che ci facciamo anche noi per il 2017.

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