La “tata” robot
Uno sguardo vigile sulla vita che si sta formando. Uno sguardo sempre attento, come quello di una tata premurosa. Ma questa “tata,” che hanno realizzato gli scienziati del Suzhou Institute of Biomedical Engineering and Technology – China Academy of Science (SIBET-CAS), è un robot. Che nel suo “cervello” non ha neuroni, ma algoritmi di Intelligenza Artificiale.
La notizia fa il giro del web e delle agenzie, anche perché attira il nome “tata”. Che ricorda un po’ Mary Poppins. La notizia è stata pubblicata, con revisione paritaria, sul Journal of Biomedical Engineering dal team del professor Sun Haixuan. La “tata” è in realtà un sofisticato dispositivo ottico che controlla continuamente gli embrioni che crescono all’interno di uteri artificiali. Questi sistemi tecnologici comprendono dispositivi di coltura embrionale che regolano le sostanze nutritive, l’anidride carbonica e altri fattori importanti per lo sviluppo degli embrioni.
La “tata” robotica li osserva h24 e si prende cura della loro salute mentre diventano feti. I ricercatori dicono che questo sistema è in grado di tracciare e monitorare le caratteristiche morfologiche del processo di sviluppo senza influenzare la crescita degli embrioni. Nella fase iniziale della loro ricerca gli scienziati monitoravano manualmente ogni singolo embrione. Si trattava di un lavoro molto difficile e dispendioso.
La “tata” robotica invece non si stanca mai, può seguire allo stesso tempo più embrioni, e ne fornisce immagini ingrandite permettendo di monitorarli con dettagli sorprendenti. «Il dispositivo aiuterà a comprendere ulteriormente l’origine della vita e lo sviluppo embrionale degli esseri umani» scrivono gli scienziati «e fornirà anche una base teorica per risolvere i difetti alla nascita e altri importanti problemi di salute riproduttiva».
Attualmente la “tata” robotica sta vigilando sulla salute di diversi embrioni di topi. Sulla base delle informazioni che fornisce può anche classificare gli embrioni in base al loro stato di salute e al loro potenziale generale. Ora si tratta di topi… ma se un giorno si trattasse di embrioni umani?
Da sempre l’uomo è stata affascinato dal mistero della vita, ha cercato di carpire il suo segreto. Le teorie dell’evoluzione insegnano che c’è stato un enigmatico passaggio dall’inorganico all’organico, poi un ulteriore passaggio, ancora più misterioso, alla vita umana caratterizzata dalla libertà, dalla coscienza, dall’apertura al trascendente.
Sulla base di interpretazioni del racconto biblico della creazione, nel Medioevo alcuni rabbini che seguivano la Cabbala ebraica si sbizzarrivano in fantasiosi tentativi per realizzare un Golem, una figura antropomorfa a cui tentavano di infondere la vita. La leggenda narra che a Praga nel XVI secolo ci riuscì il rabbino Loew: col fango preso dalle rive del fiume creò un uomo e gli infuse lo spirito di vita, creando un Golem che avrebbe dovuto salvare la comunità ebraica della città.
Oggi siamo a un passo da realizzare il Golem? Quasi certamente no. Ma la rivoluzione GNR (genetica, tecnologia, robotica) spinge l’acceleratore sulle possibilità delle biotecnologie. In un tempo non troppo lontano si potranno probabilmente, se non creare esseri umani artificiali, selezionarli e farli sviluppare secondo modalità che qualcuno vorrà decidere.
Pare di essere dentro al film Matrix. O in un futuro distopico come prefigurava Aldous Huxley: «Ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime; una sorta di campo di concentramento indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà, ma ne saranno piuttosto felici».
Sono prospettive inquietanti, che hanno del fantascientifico. Ma è bene confrontarsi con esse. Perché già oggi si potrebbero gettare le basi per un futuro in cui ci sarà un divario sempre maggiore tra due parti dell’umanità: una ricca e potente che avrà salute, un corpo enhanced, aumentato, e che tenderà a conquistare l’immortalità con mezzi tecnologici; l’altra sempre più povera e sottomessa, esseri umani di serie B.
La storia però insegna che la tecnologia è di per sé uno strumento, che può essere usato per il male ma anche per il bene. Dipende quindi dalle donne e dagli uomini di oggi, entrare in queste tematiche, per chi ne ha la capacità e possibilità occuparsi direttamente di esse, in modo da determinarne il corso verso traguardi buoni. Di una maggiore salute e benessere per il numero più grande possibile di esseri umani.