La svolta dopo Park Geun-hye
Finalmente il presidente uscente ha lasciato la sua residenza dopo mesi di furibonde manifestazioni per le strade della capitale Seul. Seguirà certamente l’incriminazione. Una nuova era per il Paese del sol levante?
Per la prima volta nella storia della Corea del Sud, che dal 1988 divenne uno Stato democratico, la presidente è stata destituita dalla Corte costituzionale; la controversa Park Geun-hye ha finalmente lasciato la “Casa azzurra”, cioè la residenza presidenziale, alla volta della sua villa privata dove l’attendevano alcune migliaia di sostenitori. Un atto che si pensa segnerà una svolta in una vicenda dolorosa per tutto il Paese e che ha diviso la nazione con una spaccatura profonda e netta: da una parte il partito conservatore, Liberty Korea party, che ha vinto le elezioni del 2012 con una maggioranza schiacciante; e dall’altra il partito democratico liberale (ora affiancato dalla maggioranza della popolazione), che chiedeva la sua destituzione, già dall’ottobre dello scorso anno, quando si ebbe cognizione dello scandalo.
Figlia di un eroe nazionele, Park Geun-hye era riuscita con il suo partito a conquistare la vetta del potere in una delle “tigri” economiche asiatiche, con una vittoria schicciante e tante promesse fatte al popolo. Ma potere, denaro e successo possono inebriare anche le menti più lucide, portando alla rovina di una posizione acquisita: nella storia della Corea del Sud un fatto del genere non aveva precedenti.
È la fine dell’ottobre 2016 quando le prime manifestazioni iniziano in Corea in seguito all’arresto dell’amica (e “sciamana”) della presidente, la signora Choi Soon-sil, con accuse gravissime: in pratica la Choi, amica inseparabile dagli anni Novanta della Park, avrebbe plagiato la presidente a tal punto che tutti i discorsi della medesima dovevano passare per la sua approvazione. Non solo, avvalendosi di quest’amicizia, se la si può definire così, la Choi ha avvicinato i dirigenti delle aziende coreane più importanti chiedendo tangenti in cambio di favori alla sua persona e ai suoi prossimi. La Choi intimava alla Park discorsi e azioni, dalla scelta del guardaroba alle scelte politiche e militari. Il tutto su uno sfondo di bizzarre opinione pseudo-religiose.
A dire il vero, il denaro per le fondazioni personali della Choi non erano mai mancato per l’elezione della presidente. Quel che più ha spaventato l’opinione pubblica è stata la scoperta nel computer della Choi di file segreti riguardanti la sicurezza nazionale, i rapporti col Giappone e la Corea del Nord, contro la quale, la presidente Park era stata sempre durissima. Non ha caso la Choi era stata definita «eminenza grigia» della Corea del Sud, con tentacoli che si estendevano anche all’estero. Un fatto non inedito per questo Paese, ma non in queste proporzioni. Queste dimissioni ormai spianano la strada a una vera e propria inchiesta giudiziaria contro la Park. Due delle maggiori aziende internazionali della Corea del Sud sono implicate nell’affaire. Dopo mesi di battaglie legali, il vice presidente della Samsung, Lee Jae-yong, conosciuto anche come Jay Y Lee, è stato arrestato il 17 febbraio scorso per aver pagato una cospicua somma di denaro alla Choi, apparentemente senza ricevere nulla in cambio, ma nei fatti per spianare la via alla fusione della Samsung con altre due affiliate. E questa è solo la punta dell’iceberg delle malefatte della Choi.
Cosa spera ora la maggioranza del popolo coreano? Che sia posta fine ai legami assai pericolosi tra potere politico e grandi imprese nazionali, una storia fatta di scandali di proporzioni ormai intollerabili per la sicurezza nazionale e internazionale, in particolare nella escalation delle tensioni tra le due Coree. Anche i rappresentanti delle religioni sono scesi in campo per chiedere le dimissioni della presidente e appoggiare una rinascita etica del Paese, considerata sempre più urgente per non dilapidare il sistema di valori del popolo coreano, fatto di fedeltà, semplicità, onestà, laboriosità, senso della giustizia, rispetto per il bene comune.