La Svizzera non rinnoverà gli impianti nucleari

La decisione è del governo svizzero, ma sarà il Parlamento a decidere in autunno sul futuro energetico del Paese
centrale nucleare

La decisione del Consiglio federale svizzero (corrispondente al nostro governo) di dire basta alla produzione dell’energia nucleare, è stata uno shock per le forze economiche del Paese.

 

Anche perché si tratta di una scelta radicale e ponderata. Radicale perché comporta una svolta a 180°. Ponderata, invece, perché questa decisione sarà attuata in ben 25 anni, in quanto si abbandoneranno le centrali nucleari man mano che arriveranno alla fine del loro ciclo di vita (dopo 50 anni di attività).

 

I due impianti più vecchi saranno chiusi entro cinque anni. Quelli più recenti cesseranno le attività tra il 2035 e il 2040.

 

La decisione del governo, tuttavia, è solo un’indicazione, anche se importante. Sarà infatti il Parlamento a stabilire quale sarà il futuro della produzione energetica del Paese. Una prima indicazione arriverà presto: l’8 giugno, infatti, il Consiglio nazionale discuterà della questione. Ma il Consiglio degli Stati (o Camera alta) non si pronuncerà che a settembre, a ridosso delle elezioni legislative di ottobre.

 

Al di là dei dibattiti parlamentari, comunque, la decisione del Consiglio federale è un segnale molto forte per tutta la società. Governare, spiegano, è fare previsioni per il futuro. E il governo svizzero ha deciso di prendersi le proprie responsabilità. È interessante constatare inoltre che l’attuale governo,  il primo a maggioranza femminile della Svizzera, è anche quello che per la prima volta ha preso una decisione così pregna di conseguenze per il Paese.

 

Una scelta che, stando ai sondaggi, è stata molto ben accolta dalla popolazione. È infatti favorevole alla dismissione delle centrali l’ottanta per cento degli elvetici. Ma non solo. Il 64 per cento degli svizzeri, infatti, è pronto a pagare bollette più care per l’energia elettrica, se questo è il prezzo per un avvenire privo dei rischi legati alle centrali nucleari. Rischi che, dopo quanto è avvenuto in Giappone, sono risultati ben evidenti in tutto il mondo. In questa situazione, è dunque molto probabile che i parlamentari seguiranno, a maggioranza, le indicazioni del governo.

 

Ma scegliere un’alternativa al nucleare, da cui al momento dipende il 39 per cento dell’energia del Paese, implica altre scelte, non meno radicali. Bisognerà finanziare con decisione la ricerca di fonti energetiche alternative (eolico, fotovoltaico, delle biomasse e così via). Si dovrà inoltre adottare uno stile di vita nuovo, agli antipodi rispetto agli inviti odierni a consumare sempre di più.

Si metterà allora in discussione anche la società del «sempre di più», così dispendiosa di energia?

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