La suora e la sindacalista

Gli slogan politici, pochi, non possono oscurare le ragioni di una protesta che ha voluto dar voce alle tante femminilità del nostro Paese. Da Roma
suor Eugenia Bonetti

Ora ci sono le analisi politiche, quelle di genere, quelle mediatiche, quelle del post, ma nelle piazze italiane domenica c’erano fatti, volti, storie che non analizzavano, raccontavano solamente le tante donne della nostra Italia. C’erano quelle sul palco e c’erano quelle della piazza e sulla strada. C’erano le sposate e c’erano le consacrate, le single e le laiche, le impegnate e quelle incuriosite. E sorprendeva la vivacità e soprattutto questa varietà che da un lato le distingueva e dall’altro le accomunava in una fiammata di orgoglio, non femminista – termine desueto per i più, ma femminile. Insolito trovare a condividere lo stesso metro quadrato di piazza del Popolo, una religiosa e una star, la nonna e la studentessa. E che dire degli uomini, non sparuta minoranza tra i tanti volti di donne, ma vicini in questa discesa in campo delle mogli, delle colleghe, non tutte puritane, come impropriamente si è cercato di liquidarle.

 

Gli estremismi non rendono mai completa giustizia alla verità. Perché in quella piazza, senza sigle palesi, si chiedeva una dignità altra, che non può più essere vergata da parole e protocolli quando nei fatti ben altra è la realtà. Le donne laureate superano gli uomini, ma sono scarsamente rappresentate nei posti dirigenziali. Se scelgono la maternità sono penalizzate sulla professionalità e ricattate sul contratto. Restare a casa per accudire figli e anziani è un’opera di volontariato molto stimata a parole, per nulla nelle contribuzioni a sostegno di questa scelta. E se poi si intraprende un percorso artistico questo lavoro riserva talvolta proposte che ben poco hanno di artistico e molto invece di mercificazione. Si firmano tanti protocolli, tante dichiarazioni sull’uso distorto dell’immagine eppure quelle immagini continuano a provocarci per volgarità barattata da chi puritano non è con estetica.

 

Sul palco di Roma non sono stati gli slogan anti governativi, peraltro sparuti a fare centro, il discorso più applaudito e interrotto è stato quello di suor Eugenia Bonetti. Ha sorpreso la sua convinzione, i dati precisi sulla tratta, le storie di chi ha incontrato sulla strada, le azioni predisposte perché anche per queste donne si possa dire “mai più”. Una suora su un palco che poteva rischiare un ritorno di fiamma del femminismo non ce la saremmo proprio aspettata. E invece ci stava, sfidando i pregiudizi angelicali che la vogliono nel nascondimento, dedita più al celeste che al terrestre, con look magari poco consoni alla società dell’apparire. E non stonava affatto accanto all’attrice, alla sindacalista, alla semplice studentessa e alla parlamentare perché anche lei donna, perché madre di altre donne, perché stanca di una mercificazione di corpi, che mai guarda all’intelligenza e all’anima.

 

Se non ora quando? L’avrà pensato anche lei e l’avranno pensato anche le sue tante consorelle che in quella piazza non erano scomode, ma erano una tipologia del femminile finora poco mediatica eppure molto presente e concreta. Dall’altra parte Susanna Camusso con i suoi “vorrei” dedicati alle donne giovani e non, a quelle che lavorano e assistono la vita e accompagnano la morte, che hanno progetti di futuro, senza sguardi malati, ma occhi limpidi che offrono rispetto e diritti. Diritti che magari sono stati il vessillo di una parte politica, in certi momenti della storia, ma che ora sono diventati terreno di confronto per tutto il Paese. Anche lei lì ne rappresentava una parte, battagliera, decisa, con un incarico ben schierato, ma questo era nel suo curriculum, non lo è stato nel suo discorso.

 

Troppo poco, allora, ridurre queste piazze ad un referendum pro o contro il governo, pro o contro Ruby. E se fosse una piazza “per”? Per il futuro, per un’altra dignità e per tutte le donne anche quelle rimaste a casa e che alla piazza non pensano, ma che per i diritti vogliono sempre mettersi in gioco, anche tra le mura domestiche.

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