La strategia Usa in Iraq

A proposito dell’articolo “Perché il Daesh non viene sconfitto?”, si analizza la politica statunitense nello scenario siro-iracheno  
AP Photo/Khalid Mohammed

In questo momento, a mio avviso, il rallentamento dell’avanzata contro il Daesh a Mosul si deve anche all’attesa dei nuovi piani che il Pentagono ha consegnato a Trump. Probabilmente cambierà la strategia Usa nella regione. In questi mesi, tra l’altro è cresciuta la collaborazione Usa-Russia nella seconda liberazione di Palmira, un fatto di cui si è parlato poco, come poco se ne è detto della seconda occupazione da parte dell’Isis. Da gennaio in qua, russi e statunitensi hanno distrutto dall’alto circa 200 mezzi, tra blindati e trasporti vari, catturati dall’Isis quando ha occupato di nuovo la città storica. Gli analisti hanno detto poco di come l’Isis sia riuscito ad attaccare di nuovo Palmira, stornando forze da Mosul e inviandole prima a Raqqa e poi a Palmira.

Perché Mosul non viene liberata? Perché non è stata circondata: l’Isis ha potuto umiliare i suoi attaccanti facendo partire colonne di mezzi e migliaia di miliziani in direzione della Siria senza che nessuno li individuasse, il che appare abbastanza poco credibile dato che il settore è controllato dai satelliti di vari Paesi.

Appare abbastanza chiaro che per gli Usa, Arabia Saudita e alleati europei l’Isis è sì un nemico in Iraq, ma è utile in Siria dove il principale obiettivo è ancora il regime di Assad.

In secondo luogo, dobbiamo sempre chiederci da dove arrivano i rifornimenti per l’Isis. I miliziani sono migliaia e migliaia, e devono alimentarsi, vestirsi, essere pagati, ricevere munizioni ed armi, spesso sofisticate. Chi gliele invia in una zona super controllata dai satelliti? Nessuno se ne accorge? Se erano state scoperte le colonne di camion cisterna che l’Isis spediva per tutta la Siria, lunghe decine di km per vendere in Turchia il petrolio siriano, perché anche oggi non si vede da dove arrivano i rifornimenti?

A proposito di rifornimenti, recentemente la Toyota ha risposto al governo russo, da questi accusata di vendere le famose pickup all’Isis nonostante sia un nemico pubblico internazionale.

La marca giapponese ha risposto presentando gli acquisti realizzati da Arabia Saudita (22.500 veicoli), Qatar (32.000) e Giordania (4.500). Circa 80.000 pickup che appaiono nuove di zecca in tantissime foto diffuse dal Daesh, ma che aerei Awacs, droni e satelliti vari non sono riusciti a localizzare.

Ovviamente, nessuno parla anche di quelle catturare e del lavoro per risalire agli acquirenti. Ma di tanto in tanto ci scappa anche l’errore. Come la pickup dello stagnino texano apparsa in foto con tanto di scritte pubblicitarie e di numero telefonico ancora visibile sugli sportelli. Lo stagnino, sommerso da insulti per strada, ha dovuto spiegare che aveva venduto la sua pickup al mercato dell’usato! Ma come è finita nelle mani dell’Isis, pare che (nonostante centinaia di capitoli di Ncsi, Csi, Bones, Criminal mind e laboratori vari della Cia che sventolano l’orgoglio degli investigatori statunitensi), non sia stato possibile verificarlo.

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