La storia della moda in Puglia

Oltre la vocazione agricola, la tradizione operaia e imprenditoriale della regione vede le donne protagoniste, capaci di trasformare la bellezza in affare. Un album lo racconta
Imprese di moda di Putignano

È proprio vero che «ci si rende conto che un’epoca è esistita quando si arriva al suo declino». Così si è espresso Raffaele Nigro, giornalista Rai, tra gli ospiti della presentazione del nuovo catalogo delle imprese di moda di Putignano, cittadina in provincia di Bari a 18 chilometri dal mare, nota ormai in tutta Europa per il suo famoso  carnevale.
 
Ebbene il catalogo, che raccoglie testimonianze, fotografie e storie recuperate da archivi pubblici e privati, racconta la storia della nascita della società d’impresa del Sud, dell’evoluzione di una cultura operaia, nonché la storia di famiglie imprenditrici, testimoniando che la questione meridionale non è stata solo una questione di problemi agrari.
 
Il paziente lavoro di recupero delle fonti, a fronte di una scarsa attenzione archivistica sulla materia, da Napoli in giù, è stato realizzato grazie a un progetto finanziato dalla Fondazione Cassa di risparmio di Puglia, al quale hanno contribuito in forma di cofinanziamento il comune di Putignano, con il suo sindaco avv. Gianvincenzo De Miccolis, la Soprintendenza archivistica per la Puglia, l’università degli studi del Salento e l’università di Bari, con la volontà di rendere fruibile per tutti il grandissimo patrimonio artistico e storico presente sul territorio.
 
Le ricerche si situano in un momento di recessione economica di portata mondiale, quella degli anni Settanta e Ottanta, che si riaffaccia oggi con l’invasione delle maestranze cinesi e indiane. Le aziende tessili e manifatturiere locali nacquero a imitazione della Contegiacomo e dalla realizzazione di berretti passarono alla produzione di vestiario per l’infanzia e per gli adulti. Aziende come Mafrat, Serio, Edera, Teda, Bambi, attraversarono la crisi degli anni Settanta fino al fallimento della Contegiacomo nel 1985, insieme alla morte di imprese medio-grandi di Putignano, un paese che aveva visto una continua evoluzione a partire dal Settecento, tanto de essere definito dallo stesso Tommaso Fiore, nel “Popolo delle Formiche”, «un popolo capace di cavare sangue dalla pietre».
 
«Forse – prosegue Nigro – questa è una storia poco conosciuta perché non sono mai emerse firme legate a stilisti, ma solo marchi di imprese», salvo qualche nome di stilista silenzioso che negli anni Quaranta a Putignano ha disegnato abiti per prime comunioni, porte-enfant, cuffie e abiti per battesimi, per poi passare ad abiti da sposa, di cui non c’è traccia scritta.
 
Si trattava di donne artigiane che lavoravano con pochi operai, senza mai uscire dal mercato locale. Tra queste vengono ricordate le sorelle Maria e Antonia Luisi e Giovanna Sbiroli. La nonna di quest’ultima, nei primi anni del Novecento, aveva cominciato coordinando l’attività privata di circa cento mamme di famiglia, che producevano in casa tessuti per uso domestico e agricolo. La mamma di Giovanna, che aveva sposato il pastaio Sbiroli, aveva sviluppato questa passione per l’impresa tessile da quando, all’interno del negozio di alimentari, era solita tenere un banchetto con i manufatti tessili. Giovanna, con la sorella Maria, aprì negli anni Cinquanta un’azienda con la manodopera di casa Luisi. Negli anni Sessanta gli Sbiroli fondarono due realtà imprenditoriali, La Giovanna Sbiroli e la Val&Max, con i nomi dei primi stilisti che diedero vita alle linee Olivia e Blue Line. Giovanna superò finalmente i confini locali con la sua prima produzione di abiti da sposa, tanto che nel ’93 firmò un contratto di licenza d’uso con Renato Balestra per gli abiti da sposa. Qualche anno dopo, nel film “L’Ultimo Bacio” di Muccino, le spose sono state vestite con gli abiti di zia Giovanna.
 
Putignano è stata così attraversata da un secolo di produzione industriale, pur essendo un territorio a vocazione lattiero-casearia. Un mercato che è crollato anche a causa di una forte concorrenza interna che ha risentito di una scarsa capacità di innovare e di differenziare. «Ancora oggi a Putignano ci sono numerose microimprese a conduzione familiare che sono sopravvissute alla crisi che si è abbattuta proprio sul settore moda», afferma l’assessore alla cultura Giuseppe Genco. Nel 2011 hanno chiuso più di 12 aziende a Putignano, più di 200 dipendenti sono in cassa integrazione e del loro futuro non si sa nulla.
 
Il lavoro del catalogo del sistema moda di Putignano ha dato la possibilità di allestire anche una mostra, che ha attirato circa seimila visitatori, affascinati da abiti da sposa, vestiario da bambino, bauli d’epoca di rappresentanza, macchine da cucire, fotografie e iconografie. Una mostra che è stata riconosciuta dal ministero nazionale alla cultura come l’unico evento ufficiale in Puglia per la celebrazione della Festa della donna dell’8 marzo. «Questo lavoro – sostiene ancora il sindaco De Miccolis – ha avuto il merito di ricordare il valore di quello che si conserva, perché dalla consapevolezza delle proprie origini si possono trovare le forze per progettare l’attualità».
 

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