La storia cambia
Il primo maggio 1517 è ricordato nella storia di Londra come Evil May Day o Ill May Day. Un tragico calendimaggio. Che cosa accadde? Qualche settimana prima, verso Pasqua, un certo predicatore conosciuto come Doctor Bell si era prodigato in un discorso infiammato contro coloro che «toglievano il pane dalla bocca ai bambini senza famiglia».
Si riferiva agli stranieri. In particolar modo ai ciabattini fiamminghi e ai cortigiani francesi che, con la protezione della Corte, «rubavano il lavoro» ai cittadini locali. Bell chiamò i veri inglesi a «difendersi e attaccare gli stranieri per la causa del bene comune». Il sermone di Bell, sebbene accattivante e populista, non aveva un gran contatto con la realtà, perché solo il due per cento della popolazione londinese di allora era straniera.
Ma fece ugualmente grande effetto sulla gente. Un capopopolo di nome John Lincoln, un uomo colto, non solo accolse le parole di Bell ma lo spinse a incitare i cittadini a «ribellarsi e trucidare gli stranieri». Il primo maggio John Lincoln, con un gran seguito di folla inferocita, si diresse verso il centro città, al grido “morte agli stranieri”.
Gli andò incontro quello che allora era il vice-sceriffo di Londra, nientepopodimeno che Thomas Moore. Il quale tentò di placare gli animi, ma ci riuscì solo per qualche ora. Poi la folla si esaltò di rabbia e si diede alla violenza e al saccheggio delle botteghe e delle case dei “ruba pane”. Il re, che allora era Enrico VIII, fece intervenire l’esercito che fermò i ribelli senza troppe sottigliezze. Alcuni di essi furono arrestati e poi impiccati, la maggior parte fu rilasciata per intervento della regina consorte Caterina d’Aragona.
Il caso “Evil May Day” era archiviato. Purtroppo non il suo retaggio xenofobo. Che ritornerà spesso, anche nelle vicende dei nostri giorni. La storia non cambia? Pare che sia così. Ma c’è dell’altro legato a quella vicenda. Un certo commediografo di nome Anthony Munday, un’ottantina d’anni dopo quei fatti, decise di mettere in scena la storia di Thomas Moore. Partendo proprio dall’episodio del tragico candendimaggio. (Un particolare. Per scrivere la scena di folla, Munday si rivolse a quello che allora era e rimarrà il campione indiscusso in materia, William Shakespeare. Il quale accettò).
Il protagonista dell’opera di Munday, Thomas Moore, colto e arguto umanista, era stato il Cancelliere del regno che si era rifiutato di accettare l’Atto di Supremazia, con il quale la Chiesa d’Inghilterra si dividerà poi da quella di Roma. Moore non accettò, appellandosi alla libertà di coscienza. E per questo venne giustiziato.
La sua morte destò scalpore in tutta Europa, anche perché lui era conosciutissimo. Il testo teatrale di Munday, sebbene scritto decenni dopo i fatti, fu censurato e non venne mai messo in scena. Perché la propaganda politica di allora non voleva che Thomas Moore venisse presentato come un eroe, un martire. L’entourage della Corte, per difendere l’immagine dell’ormai defunto Enrico VIII e della figlia regnante Elisabetta I, insisteva sul presentare Moore come un “ostinato caparbio”, eretico ed estremista. La storia non cambia? Pare che sia così.
Anche ai nostri giorni la propaganda politica riesce a far passare un aggressore per benefattore, manipolando a proprio interesse i fatti. Il copione teatrale di Munday fu perciò recluso in qualche dimenticatoio della British Library.
Solo recentemente è stato ritrovato e tradotto anche in italiano (pubblicato ora dai tipi di Feltrinelli col titolo Sir Thomas Moore). Questo testo pone secca e dura una domanda. La storia non cambia? A prima vista pare che – date le recenti news, i discorsi xenofebeggianti e le manipolazioni politiche delle informazioni – sia proprio così. Ma così non è. La storia progredisce. Anche se lentamente, anche se attraverso percorsi tortuosi, nei quali alcuni elementi sembrano difficili da estirpare.
Basta pensare alla libertà di pensiero, per la quale Moore andò alla forca. Lui ci aveva creduto, ora è un valore indiscusso. Almeno in gran parte del mondo. Oggi c’è tanta gente che si impegna perché i fenomeni xenofobici diventino presto storia passata. Questa è la strada della storia.
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