La stanza del cuore

Cristiana è una ragazza d’oggi, educata al di fuori di ogni riferimento religioso, che vive tra drammi psicologici e la grande attrattiva per l’arte della recitazione. Simone, un suo amico regista, ateo per scelta, le propone di interpretare la parte di protagonista in un film su di una suora morta in odore di santità. Lusingata da tale proposta, Cristiana si reca al monastero dell’Ordine di Santo Spirito, dove è vissuta la suora. Qui incontra la madre priora, poi una giovane novizia che le farà da guida nel convento e infine suor Benedetta, la più anziana tra le consorelle e l’unica che ha conosciuto la santa. Cristiana annota gli avvenimenti e le riflessioni che scaturiscono nel suo animo a contatto con questo mondo di cui ignorava l’esistenza, dapprima sorpresa e smarrita, ma poi sempre più coinvolta: Capisco che sono entrata in un mondo nel quale non esiste l’assillo del tempo e perciò non vi sono né fretta né impazienza. La vicenda ci viene narrata nel romanzo La stanza del cuore, edito da Santi Quaranta, dello scrittore vicentino Luciano Marigo, di cui avevamo già apprezzato Due giorni con Chiara, premio selezione Campiello nel 1979, La donna assurda (1980) e L’ultimo giorno (1990). Può una giovane di oggi, vissuta senza alcun riferimento religioso, confrontarsi con l’esperienza di chi ha posto il rapporto con Dio al centro della propria vita? Ha ancora un senso, nella civiltà odierna la testimonianza assoluta di uomini e donne che hanno scelto di vivere solo per Dio? Intorno a questi due interrogativi prende corpo e si sviluppa la storia di Cristiana, storia di smarrimento e di attesa, in un dialogo serrato tra fede e non fede, tra peccato e grazia. Marigo è molto attento e rispettoso di entrambe le posizioni, e non pone il credente su di un piedistallo di superiorità: lascia infatti trasparire anche i limilti e la fragilità di chi vive un’esperienza di fede. Inoltre il romanzo, attraverso le riflessioni di Cristiana e il suo dialogo con le suore del monastero, tocca alcuni dei temi fondamentali del rapporto uomo-fede: Il contrario del peccato – dice Marigo – non è la virtù ma la grazia di Dio. La strada non è dalla virtù alla fede, ma dalla fede alla virtù. Per cui non ci viene chiesto di non essere peccatori ma di riconoscere di esserlo e di chiederne perdono. Dio ama ogni uomo, così come egli è, e la sua grazia è per tutti. Il credente, pertanto, si pone con grande rispetto ed umiltà verso chi non vive la fede. E nella nostra società, l’esperienza della fede e quella dell’ateismo possono incontrarsi e scambiarsi il dono del proprio vissuto, un vissuto che è sempre, per tutti, segnato da ricerca continua, dal buio e dalla luce. È solo nella stanza del cuore, dove l’individuo è solo con sé stesso, che si può di percepire il vero senso dell’esistere. Cristiana e Simone, entrambi di convinzioni non religiose, per motivi puramente artistici sono entrati in contatto con il mondo della fede, ma la loro reazione è stata diversa: per Simone una conferma di ciò che vive, per Cristiana una scoperta piena di speranza. Sembra quasi di percepire, metaforicamente, che per Marigo la bellezza artistica è il luogo dell’incontro, la possibilità concreta di costruire un dialogo fra le varie convinzioni, nel rispetto profondo della diversità. Ed è, forse, in questo dialogo che si realizza quel salto qualitativamente muovo ed atteso dall’umanità. Ma, egli avverte: Non c’è bellezza per lo sguardo che non ama. Nell’amore allora l’incontro possibile tra tutti gli uomini. Un romanzo forte, affascinante e di grande modernità, quasi un thriller dell’anima, che coinvolge ed attrae.

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