La sposa siriana

Quneitra è un villaggio druso sulle alture del Golan, la regione siriana occupata da Israele nel 1967. Si trova in territorio israeliano ma gli abitanti sono siriani e tutti ufficialmente apolidi, spogliati della propria nazionalità dalle assurdità della geopolitica mediorientale. Eran Riklis ci racconta come in un simile contesto anche un semplice matrimonio possa celare una tragedia. È il giorno della nozze di Mona, una ragazza di Quneitra che deve sposare un siriano di Damasco. La tradizione vuole che sia la donna a seguire l’uomo e questo significa che Mona, una volta varcato il confine con la Siria, non potrà più tornare indietro. È l’ultima volta, quindi, che vedrà la sua fa- miglia e il dolore dell’addio si intreccia amaramente con la speranza di una vita felice con il marito. Su questo dramma si innestano tante sottotrame, storie, familiari e no, che delineano il quadro desolante di una società vittima di tanti confini – politici, culturali, sociali, religiosi – indifferente alle spinte verso il cambiamento che arrivano dai giovani e dalle donne. Sullo sfondo le istituzioni internazionali, non in grado di incidere se non per certificare il disastro. Il film, al di là di qualche ingenuità di realizzazione e di una sceneggiatura non sempre all’altezza, raggiunge subito un efficacissimo equilibrio tra l’assurda comicità della situazione e il triste humus di odio, dolore e disperazione da cui genera. Riklis riesce a girare un film dall’atmosfera speciale, un felice connubio tra Kafka e Kusturica, dove si parlano cinque lingue, si sorride senza vera gioia, le donne lottano per l’emancipazione e una vita migliore e gli uomini seguono ciecamente le tradizioni anche per resistere all’occupazione israeliana. Il finale assolutamente non consolatorio vena appena di speranza la tragedia. Regia di Eran Riklis; con Hiam Abbass, Makram J. Khoury, Clara Khou-ry, Ashraf Barhoum, Derar Sliman.

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