La Spezia onora Enrico Cavallini
Un momento molto significativo e toccante quello che ha vissuto la città della Spezia lo scorso sabato. Moltissime persone infatti hanno partecipato alla cerimonia di intitolazione al professor Torquato Enrico Cavallini dello slargo posto all’intersezione tra via Giovanni Sforza e piazza Sant’Agostino. La cerimonia si è svolta alla presenza del sindaco Pierluigi Peracchini, del figlio Gian Maria Cavallini, direttore di oftalmologia e della scuola di specializzazione del policlinico di Modena, e della famiglia.
Il professor Cavallini, morto nel 1997, è stato una figura di alto profilo umano e professionale, un riferimento per la sanità spezzina. Grazie alle sue intuizioni e al suo impegno, ha contribuito al miglioramento e alla crescita della struttura ospedaliera cittadina. È stato proprio il professore Cavallini a fondare e organizzare i reparti di rianimazione e anestesia, il Centro antiveleni e il Centro di terapia antalgica dell’Ospedale Sant’Andrea.
Tante le testimonianze significative, tra cui quella del sindaco che l’ha ricordato come persona di alto profilo, di grande onestà intellettuale. Esempio per quanti desiderano fare della propria vita un’esperienza forte e significativa. Salvatore Barbagallo, presidente dell’Ordine dei Medici della Spezia, ha ricordato che «la terapia del dolore, oggi ben conosciuta da tutti, era allora materia di assoluta avanguardia e lui ne fu un vero precursore. Ho avuto l’onore e il piacere di conoscerlo personalmente e ho il ricordo di un vero professionista che emanava autorevolezza e nel contempo grande empatia verso il proprio interlocutore».
Bruno Dal Molin, presidente della Fondazione Villaggio Famiglia e grande amico di Cavallini, ha tracciato una sintesi straordinaria della figura del professore e del cristiano autentico: «Con questa testimonianza la città della Spezia lo consegna alla storia di questo bellissimo territorio, da lui molto amato, che gli fece da sfondo alle sue vicende umane, professionali e spirituali, ha detto il figlio Gian Maria. Il suo impegno civile è iniziato come partigiano, negli anni della guerra, ed è continuato come medico chirurgo, primario e fondatore del reparto di rianimazione e anestesia, del Centro antiveleni e del Centro di terapia antalgica dell’Ospedale Sant’Andrea. La carriera accademica è stata caratterizzata dal suo interesse per lo studio del dolore e dalle sue capacità didattiche. Il suo impegno per la ricerca e le sue numerose pubblicazioni scientifiche, gli consentirono di raggiungere il titolo di Libero Docente di terapia del dolore presso la stessa Università. L’attività libero professionale si concretizzò con la fondazione del centro di Fisiochinesiterapia convenzionato con il Servizio sanitario nazionale che, a distanza di 22 anni dalla sua scomparsa, è ancora attivo nella cura del dolore».
Un medico dalle grandi capacità umane e professionali, che agli inizi della sua carriera incontra come suo primo maestro di anestesia all’Università di Pisa, il prof. Alfredo Zirondoli e, attraverso lui, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari. Un incontro che gli aprì la strada verso una coinvolgente esperienza spirituale. «Questa esperienza lo accompagnerà per tutta la sua vita, indirizzando il suo carattere indomito e determinato ma anche semplice e pieno d’intuito – ha ricordato ancora il figlio –. Per tutti i giovani che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo, l’intitolazione del largo Torquato Enrico Cavallini è una testimonianza tangibile di quanto abbia dato, con tanta volontà e amore, alla sua città. Perché – ha aggiunto – credo che la sua vita sia stata caratterizzata dalla ricerca continua di fedeltà ai principi che animano il Movimento dei Focolari e che ciò abbia caratterizzato il suo stile di vita che era prevalentemente concentrato sul vivere l’attimo presente con uno sguardo al futuro senza dimenticare il passato. È stato per me, per i miei famigliari, per gli amici, per i pazienti e per tutti quelli che l’hanno incontrato un grande onore e una grande fortuna averlo conosciuto e aver condiviso con lui una parte della vita».