La spettacolarizzazione mediatica dei processi

La verità mediatica è sicuramente più veloce e, a prima vista, più sincera; ma quali sono le conseguenze di un processo in cui i limiti di segretezza e i divieti di pubblicazione subiscono un’enorme pressione da parte dei mass-media?
processi

Nel nostro, come in altri Paesi, un caso giudiziario, per meritare attenzione a livello nazionale, e una conseguente campagna di stampa intensa, deve riguardare, personaggi di una certa risonanza oppure crimini di particolare efferatezza. Spesso, le notizie riguardanti l’attività degli organi investigativi possono creare nel pubblico un’immagine tutt’altro che positiva dell’indagato, se non addirittura la convinzione della sua colpevolezza. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ammesso che una violenta campagna di stampa circa un caso giudiziario può nuocere all’equità del processo perché mette in pericolo due dei diritti che l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosce alla persona sotto accusa: la sentenza da parte di un giudice imparziale e la presunzione di innocenza.

La verità mediatica è sicuramente più veloce e, a prima vista, più sincera; ma quali sono le conseguenze di un processo in cui i limiti di segretezza e i divieti di pubblicazione, che stanno a presidio dell’esigenza di copertura della fase iniziale delle indagini, subiscono un’enorme pressione da parte dei mass-media? Sempre più spesso capita che chi detiene le notizie riveli informazioni riservate, tanto che si è addirittura arrivati all’assurdo di ritenere cadute in desuetudine le norme del codice di procedura penale riguardanti la segretezza investigativa. Questo distorto sistema di informazione, in cui il miglior giudice è l’opinione pubblica, conduce a due tragiche domande. Quell’imputato che dalla maggior parte dei cittadini è stato giudicato colpevole, se anche verrà legalmente dichiarato innocente, riuscirebbe ad esserlo davvero dopo tutto il clamor  e gli annunci di colpevolezza? Servirebbe essere innocente dopo pubblicazioni di stralci di intercettazioni estrapolati e decontestualizzati dal contesto generale, tutti di segno colpevolista? Forse, ma proprio l’incerta risposta, accende i riflettori sulla enorme responsabilità dei media in un campo in cui è facile ledere, spesso irreversibilmente, la dignità della persona.

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