La speranza, nonostante tutto

L'Assemblea generale dei vescovi, nelle parole del cardinale Bagnasco, indica un percorso di rinnovamento e di unità alla società in Italia
card Angelo Bagnasco

Ancora una volta ha colpito il richiamo alla speranza che il cardinal Angelo Bagnasco ha evidenziato nella sua prolusione alla 64esima Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, che si è aperta a Roma lunedì 21 maggio 2012. Nel quadro di una crisi che si conferma «assai più ampia di ogni previsione» e a poche ore di distanza dal terremoto in Emilia, che sta mettendo a dura prova centinaia di migliaia di persone, oltre che dalla tragedia di Brindisi, è una parola forte. Del resto, ha affermato il cardinale, «non ci vuole grande intelligenza ad approfittare del disagio oggettivo, né coraggio a denunciare problemi o limiti, o a destabilizzare la collettività», mentre «ci vuole intelligenza, coraggio e perseveranza per proporre strade concrete, efficaci e percorribili».
 
È una precisa indicazione che introduce la densa analisi delle pagine successive, tutta da percorrere con attenzione; una indicazione sostenuta anche dalle «parole gravi di uno dei nostri teologi, Piero Coda», preside dell'Istituto Universitario Sophia di Loppiano, professore di Teologia sistematica, già presidente dell'Associazione Teologica Italiana, quando afferma che «l'assenza di speranza per un individuo, come per una società, è sintomo il più prossimo alla morte biologica e spirituale».
 
Lungo il testo, l'accento torna spesso sulle risorse vive di una società, quella italiana, che continua a dimostrare con i fatti, giorno dopo giorno, «sensibilità e capacità reattiva», anzitutto nella stessa articolazione ecclesiale delle diocesi, delle parrocchie come dei movimenti. E la vitalità a cui si fa appello «non è forza organizzativa, è piuttosto calore di fede, intensità di preghiera e amore fraterno», sottolineando così, allo stesso tempo, la necessaria radice spirituale di ogni operazione di rinnovamento sociale che voglia essere efficace e durevole, e la specifica qualità delle relazioni che devono innervare il tessuto delle nostre comunità. Un momento di sintesi, dunque, al cuore della Chiesa in Italia, che conferma la vocazione avvertita con sempre maggiore intensità a procedere insieme, attraversando la “notte” culturale e collettiva che impegna il nostro tempo.
 
Guardando alla responsabilità che investe ciascuno, sono in primo luogo i soggetti pubblici, i partiti e le istituzioni rappresentative delle nostre stanche democrazie a venire in evidenza. Ed è in particolare ai partiti che il cardinale domanda di «produrre mutamenti strutturali visibili e rapidi, nel loro costume politico e nella stessa offerta politica»: perché «la gente aspetta di vedere dei segni concreti, immediati ed efficaci». E gli operatori economici non sono certo esonerati dallo stesso onere quando si afferma che «l'uguaglianza è condizione della fraternità».
 
Ma quel «gigantesco ripensamento culturale collettivo» a cui la prolusione fa riferimento è già in atto proprio là dove la rete delle relazioni sociali è lievitata da una profonda «cultura dei legami», altra espressione luminosa che ritroviamo nel testo, che richiama felicemente il linguaggio di tanti attori della vita civile ed ecclesiale che animano i cantieri dell'economia civile e di comunione, così come altri luoghi della politica che si ispirano alla fraternità universale.
 
Un'altra consonanza efficace viene in luce con l'immagine dell'”aula” in cui raccoglierci, un'aula «a cielo aperto», «grande quanto l'Italia, ma che vorremmo grande come l'Europa e il mondo», per continuare a camminare insieme, dove il maestro è la vita stessa che si declina nelle vicende della storia, «eco di un altro Maestro» che non nasconde la sua salda guida. A conferma che all'interno di quest'aula ideale, potranno crescere e consolidarsi anche i nuovi modelli di sviluppo, di accoglienza e dialogo, di solidarietà e coesione, che la fatica della vita quotidiana reclama ad alta voce.
 

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