La spartizione delle poltrone
E anche questa volta Beppe Grillo se la ride. Senza doversi spremere le meningi per cavare nuove battute, senza dover sprecare fiato per far partire altre invettive, il comico si vede recapitare direttamente a casa nuovi pacchetti di voti. A mandarglieli infiocchettati sono i partiti, quelli che a parole dicono di voler combattere la cosiddetta antipolitica, ma che nei fatti, con le loro azioni, con le loro scelte scellerate, continuano insensatamente a regalargli elettori, perseguendo il folle obiettivo di alimentare il fuoco dei sentimenti anticasta.
Una escalation di atteggiamenti autodistruttivi di cui l’ultima battaglia in Commissione di Vigilanza Rai per la nomina del nuovo cda di viale Mazzini, è stata la più dirompente. Attorno all’azienda del servizio pubblico se ne erano viste già tante, di tutte e di più. Ma come l’ultima settimana, mai. Dopo alcune promesse e altrettanti tentennamenti, il premier Monti aveva dettato la linea: ora basta, fuori i partiti dalla Rai, e che si volti finalmente pagina. Non si potranno riscrivere in tempi brevi le regole del governo Rai, aveva dovuto prendere atto il premier bloccato dai veti delle segreterie politiche, ma che almeno si cambino facce e metodi. Di qui l’indicazione della Tarantola alla presidenza e di Gubitosi alla direzione generale.
Per i partiti doveva essere questa l’occasione giusta da prendere al volo per redimersi di fronte all’opinione pubblica, facendo finalmente non gli interessi propri o del proprio padrone, ma del Paese. Ed invece anche questa volta lo spettacolo mandato in onda, è stato di quelli piuttosto scadenti, del tipo di quelli già in palinsesto in questi giorni d’estate. Repliche già viste di commedie di serie B.
Il Pd si è arroccato sulla linea del Piave, o si cambia tutto o non si cambia niente, poi con ritardo, ha accettato di avvallare almeno le nomine di due esponenti della società civile, Colombo (nella foto) e Tobagi, unica novità positiva in giorni di lottizzazione selvaggia.
Il Pdl è riuscito a fare molto peggio. Prigioniero del conflitto d’interessi, tenuto al guinzaglio dalle esigenze di Berlusconi, dopo aver provato a rinviare ogni decisione, giocando con la vita dell’azienda e dei suoi dipendenti pagati dai cittadini con il canone, è arrivato a far rinascere lo spettro dell’alleanza già sepolta con la Lega, pur di non perdere poltrone al Settimo Piano. È stato così che è stata trasmessa la farsa Amato, il componente della Vigilanza rimosso un attimo prima di dare un voto contrario alle indicazioni del suo partito, con la nomina a tempo di record da parte del presidente del Senato, di un suo sostituto. Attivismo frenetico e decisioni fulminee che cozzano terribilmente con la prassi recente di un Parlamento che non decide più nulla e in cui i progetti di legge di riforma della Rai, languono da anni nei cassetti.
Mentre si chiudono ospedali, si tagliano posti di lavoro, mentre i consumi languono e la gente non può permettersi neanche una vacanza, mentre è l’intero Paese a rischiare il fallimento, i principali partiti continuano a giocare a Risiko con i direttori di rete e di testata. Passatempo divertente se non fosse che così facendo l’azienda, patrimonio di tutti, continua a perdere ogni giorno milioni in pubblicità, assecondando i diktat di questo o quel leader. Quelli che ironizzavano sulla loro scarsa conoscenza della tv, hanno chiamato marziani i nuovi dirigenti di Viale Mazzini. Ma mentre Grillo sghignazza in vista delle politiche, la sensazione è che a venire da un altro pianeta siano ancora una volta loro, i partiti. E chi paga il canone è proprio lì, in un altro sistema solare, che adesso vorrebbe volentieri mandarceli in soggiorno obbligato.