La sottile linea rossa tra virtuale e reale
Siamo abituati a percepire questi due mondi come totalmente separati. Ma è ancora del tutto vero?
Avevo quindici anni. La connessione a Internet era appena entrata in casa ed erano bastati pochi giorni per entusiasmarmi di fronte alla possibilità di incontrare in chat persone da tutto il mondo. Sapevo che, anche senza vedere fisicamente nessuno, sul web si potevano fare brutti incontri: ma in fondo il mondo virtuale, mi dicevo, era totalmente separato da quello in cui vivevo.
A distanza di dieci anni, questa forma mentis appare ingenua. Difficilmente ci intratterremmo così con degli sconosciuti: chat e social network pongono sempre maggior enfasi sui meccanismi per bloccare i contatti indesiderati. E l’accresciuta consapevolezza in questo senso va di pari passo con un cambiamento nelle finalità per cui usiamo Internet.
Secondo una ricerca dell’Università Cattolica di Milano, i giovani si stanno spostando verso una continuità tra due dimensioni un tempo separate. Il web non serve più a rinchiudersi in una second life – “seconda vita”, nome significativo di un sito che aveva fatto successo – ma per mantenere relazioni “reali”: si chatta con gli amici per scegliere il pub dove trascorrere la serata, si caricano su Picasa o simili le foto del weekend per passarle al resto della compagnia, si usano i social network per tenersi in contatto con l’amico lontano.
Anche il dibattito politico e culturale sembra essersi spostato dai circoli di partito e dalle aule universitarie ai forum, su cui discutere con gente da ogni dove e a qualunque ora: lecito chiedersi però quali possano essere le conseguenze del non vedere in faccia il proprio interlocutore. Per passare al post successivo basta un click: troppo facile ignorare l’intervento scomodo. Senza contare che il confronto faccia a faccia e in tempo reale implica la responsabilità di relazionarsi con una persona, non con un nome su uno schermo. Provate a cronometrare quanto tempo rimanete sulla stessa pagina web: difficilmente più di un minuto e mezzo. Un po’ poco, se vogliamo instaurare un dialogo costruttivo.
In entrambi questi casi, comunque, Internet non è più un mondo a parte, ma un “semplice” mezzo.
Stiamo dunque viaggiando verso un’integrazione tra virtuale e reale, con il primo “declassato” ad una mera funzione di servizio del secondo? Anche se fosse, bisogna ricordare che questo potrebbe non essere un mezzo come gli altri: ha infatti già dimostrato di avere le potenzialità per diventare qualcosa di totalizzante, tanto che non si contano le storie di persone internet-dipendenti. Ci viene quindi richiesto un “di più” di responsabilità, per farlo rimanere ciò che dovrebbe essere: un modo per comunicare.