La signora delle api

Catherine Sallier vive con la sua famiglia a Chalencon, un pittoresco villaggio di mezza montagna in Ardèche, un distretto della regione Rhône-Alpes. Si occupa personalmente dell’allevamento di api. Valeva proprio la pena fare un viaggio sin lassù, per comprendere come mai una fine e colta parigina avesse scelto questo antico mestiere, che malgrado le innovazioni portate dal progresso tecnologico, mantiene immutati i suoi ritmi ed i suoi processi. Nel vederla all’opera, cadono alcuni luoghi comuni sulla vita di queste minuscole divoratrici di nettare. No, gli alveari non assomigliano per niente alle pittoresche casette illustrate che popolano i nostri libri per ragazzi. Sono invece grosse casse di legno, che però occorre maneggiare con delicatezza estrema. E l’apicoltore non sta lì ad aspettare che il suo miele gli cada dal cielo. Vedo qui quanto il suo lavoro sia complesso. Ma vedo anche quanto la sua vita sia varia, appassionante e, il che non guasta, redditizia, se condotta con l’impegno e la generosità di Catherine, signora e regina di parecchi milioni di questi meravigliosi insetti, prodigio della natura. La sua giornata ha inizio… alle otto di sera, con la telefonata di rito all’ufficio meteo della regione. Il tempo che farà l’indomani determina in effetti il programma di Catherine e del suo stagista Benjamin. Nella scorsa primavera incerta e piovosa, quando finalmente il sole faceva la sua comparsa, dovevano correre alle arnie per impedire che le api sciamassero verso nuovi pascoli. C’era molto da fare anche nel laboratorio: la cura e la pulizia degli attrezzi richiede molta attenzione. La stagione passata, sono state trattate qui ben 13 tonnellate di miele… C’è poi la parte commerciale. E, anche qui, occorre molta precisione ed attenzione, dato che una buona parte delle vendite si fa per corrispondenza. Una giornata lavorativa di tutto impegno, insomma. Il nostro mestiere è certamente esigente e pieno di imprevisti – dice con soddisfazione la signora delle api -. Occorre giocare d’anticipo, ed adattarsi con flessibilità alle situazioni man mano che si presentano. C’è come detto fattore tempo, innanzitutto, ma anche lo spazio, giacché gli alveari devono essere dislocati nei luoghi dove avviene la fioritura delle piante. Nei giorni scorsi, ad esempio, nostra imprenditrice ha rubato un po’ il mestiere a Poirot, alla ricerca lungo la valle del Rodano di località in fiore accessibili, poi di scoprirne proprietari e convincerli ad ospitare nel loro terreno sessantaquattro alveari (tanti ne trasporta un camion) per il tempo della mielatura. Calcolo piuttosto complicato, giacché secrezione del nettare può durare da una settimana ad un mese a seconda del vegetale, e, in più, le condizioni meteo influiscono notevolmente sulla fioritura Catherine ricorda le molte notti trascorse al volante su strade sterrate per andare a depositare o a riprendere le arnie prima che il sole levandosi non facesse volar via le api. Portandosi accanto nel furgone la culletta col suo primo bebé… La transumanza si svolge su un’area vasta centinaia di chilometri, dai boschi di acacia ai campi di lavanda, dalle praterie alle abetaie, per poter produrre un miele dai gusti differenti. Gravato dal succo nutritivo, un alveare di 60 mila api può raggiungere sino a nove chilogrammi di peso supplementare in un giorno, ma anche perderlo se si rimette a piovere o a fare freddo! Per raccogliere il miele, l’apicoltore aggiunge all’arnia dei rialzi, con supplemento di fatica alla dose quotidiana. E Catherine ha in produzione circa quattrocento alveari. Per fortuna – dice – con l’inverno ritornano ritmi di lavoro meno sostenuti. La calma segue a un’intensa attività, alla primavera in cui tutto si decide, all’estate, in cui talvolta si hanno due o tre notti insonni e parecchie giornate di quindici ore di duro lavoro sotto il sole. Quest’annata, il freddo che è durato sino a metà maggio ha costretto Catherine a tenere in stretta sorveglianza le sue arnie, attenta a portare loro del miele per permettere alle larve di alimentarsi e svilupparsi. Un brutto inizio che avrebbe messo alla prova il morale di un’apicoltrice meno esperta e coraggiosa. Alla fine di questa primavera, circa la metà delle arnie mancavano all’appello. Catherine non si è lasciata cogliere dallo sgomento. Ha cercato di supplire col suo intuito agli incerti del mestiere. Aiutati, il cielo ti aiuterà : per lei, questo non è uno dei tanti proverbi che tornano alla mente nei momenti di emergenza, ma esprime una realtà spirituale profonda che l’accompagna quotidianamente, e di cui ha sperimentato l’efficacia in tante circostanze della sua vita. Membro dei Focolari, è altresì una sostenitrice convinta dell’Economia di Comunione. Cercare di guadagnare di più per condividere di più: questa è la sua filosofia d’impresa. Una condivisione che non si limita solo al denaro. Catherine ha aiutato parecchi giovani a trovare un’occupazione stabile, ed offre agli apprendisti che si avvicendano nella sua azienda le sue conoscenze ed anche i suoi segreti di produttrice di polline e di pappa reale, due tesori esclusivi dell’aristocrazia del mestiere. Ho voluto – prosegue – dare lavoro ad un giovane, che si è stabilito a Chalencon, dove può usare il mio laboratorio per produrre il suo miele e ricorrere quando occorre al mio sostegno tecnico o morale. Io non ho nessun merito in ciò, né tanto meno ho paura della sua concorrenza, giacché, da noi in Francia, non ci sono apicoltori in misura sufficiente alla richiesta del mercato. Con un lavoro serio e scrupoloso, il guadagno è più che adeguato… ma chi sceglie questo mestiere deve dimenticarsi di guardare l’orologio. Benjamin, venuto all’azienda di Catherina come stagista dopo aver ultimato gli studi teorici, parla con ammirazione delle sue qualità sia professionali che umane: Ha in sé valori profondamente radicati, sui quali non transige mai. La famiglia, il rispetto della domenica, giorno in cui non si va mai agli alveari… e quando si ha bisogno di lei, è sempre disponibile. Alain, marito di Catherine è anche sindaco del villaggio, e si batte con altri per lo sviluppo del suo cantone isolato tra le montagne. Tutti e due sono impegnati nell’équipe pastorale della parrocchia, e gli amici e i conoscenti sono per ciò davvero numerosi. Se per caso la coppia volesse passare una serata davanti alla tv, sarebbe spesso interrotta dagli squilli del telefono. Sì – prosegue Catherine -, veramente tante sono le persone che avvicino ogni giorno. Vicini, clienti, fornitori, concorrenti… È una vita molto piena, la mia, che per di più mi consente di vivere a così stretto contatto con la natura. Io mi stupisco ogni giorno davanti alla creazione, ed al suo immenso potere di recupero malgrado i guasti e gli inquinamenti di tutti i tipi. È sempre per me un piacere percorrere una strada panoramica per giungere al mercato, dove vendere direttamente i miei prodotti, così come occuparmi degli alveari. Sì, io credo che questo lavoro esigente e duro talvolta mi rende così felice perché ogni giorno mi insegna qualcosa di nuovo: l’umiltà, perché noi non siamo padroni di niente; la modestia, perché sono le api che producono; la pazienza, non si può accelerare il passo della natura; la perseveranza, perché se è andata male questa stagione, andrà forse meglio la prossima. Una scuola che consiglio a tutti, qualunque sia il loro mestiere. Chi crederebbe che Catherine, dopo essere stata insegnante di liceo, non sapesse niente delle api e della loro vita sino alla nascita del primo figlio? Fu proprio in quella circostanza che decise di occuparsi delle dieci arnie che possedeva suo marito, e di acquistarne altre per riunire sotto lo stesso tetto la sua azienda e la sua famiglia. Con un solo rimpianto: i suoi tempi e quelli del marito Alain sono difficili da armonizzare. Ma – dice con un sorriso – tra dieci anni ci sarà la pensione, a cui io penso sin d’ora per prepararmi a questa nuova stagione della mia vita. Ben sapendo che un alveare non perisce mai, anche se la sua regina va via.

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