La Sicilia sancisce la fine dei partiti?
Come annunciato, in Sicilia ha vinto l’astensionismo, che ha lasciato a casa ben oltre il 50 per cento degli elettori siciliani.
A scrutinio concluso, al forte dato di astensione, bisogna aggiungere quasi il 7 per cento di persone che hanno voluto esprimere un voto di protesta: 3.497 (1,4 per cento) schede bianche; 12.082 (4,84 per cento) schede nulle e 1779 (0,71 per cento) voti nulli. Altri 17.359 siciliani che, nonostante siano andati alle urne, hanno preferito annullare o non esprimere alcun voto.
Questo è il vero dato. Mai, in un'elezione regionale per il Parlamento siciliano, si era verificata una così alta astensione e protesta. Solo il 47,23 per cento ha votato e di questi il 6,45 per cento ha comunque rifiutato di esprimere un voto valido.
Qualcuno la definisce la fine dei partiti o del sistema attuale dei partiti. Di certo c’è il totale scollamento tra la politica e la gente. Meraviglia, infatti, che nessuna forza politica, in questo terremoto in “salsa siciliana”, abbia fatto intendere di aver ben compreso il messaggio forte e chiaro di cambiamento che giunge dal voto, ma anche dal non voto. Certo che se oltre la metà dei siciliani non va nemmeno a votare, è troppo puerile addebitare questo “non voto” a disaffezione verso la politica, o distrazione. Qualcuno si sta chiedendo se l’offerta politica era davvero qualificata e adeguata al momento drammatico che sta vivendo la Sicilia.
Chi è andato a votare ha espresso alcune indicazioni che mi sembrano interessanti e degne di nota. Dalle urne è venuto fuori un risultato che è il secondo elemento di novità: la vittoria annunziata ma sempre deflagrante del Movimento 5 Stelle, che ha raccolto ben 300 mila voti sui circa 2 milioni elettori che hanno votato domenica scorsa. Non sono pochi e dovrebbero far pesare la loro presenza in Parlamento con ben 14 deputati. È una vittoria che non lascerà niente com’era prima in Sicilia, e penso che influenzerà fortemente le prossime elezioni politiche.
La sinistra (Federazione della sinistra, Verdi e Sel) ha raggiunto il 3,07 per cento e Italia dei valori il 3,54 per cento. Circa 120 mila voti che probabilmente messi insieme in un’unica lista avrebbero permesso alla sinistra siciliana una rappresentanza al Parlamento.
Le urne mostrano altri segnali in filigrana. Nonostante tutto bisogna registrare la tenuta dei partiti che sostengono il governo Monti: il Partito democratico (14 per cento); il Pdl (13 per cento) e l’Udc (11 per cento). I voti, per la verità, non sono tantissimi perché gli elettori che sono andati alle urne sono stati meno della metà degli aventi diritto al voto. Non male anche il risultato del partito di Lombardo – il Partito dei siciliani – che raggiunge quasi il 10 per cento. Buona l’affermazione della lista Crocetta con il 6,2 per cento. Forse ci si aspettava di più dalla formazione di Micciché – Grande sud – che si attesta sul 6 per cento mentre tiene il Cantiere popolare (Pid) con il 5,9 per cento.
Crocetta, primo presidente della Regione siciliana espressione del Partito democratico, giunge a Palazzo d’Orleans con una maggioranza del 31 per cento, cioè 39 deputati. Quindi senza una maggioranza certa (46 deputati) che gli consentirebbe di varare subito il suo governo.
La situazione politica è in fibrillazione: nonostante la tenuta i veri sconfitti sono i partiti tradizionali. Non solo il Pdl, che ha perso qualcosa come 20 punti percentuali rispetto alle precedenti consultazioni, ma anche il Partito democratico, che risulta essere vincente in questa tornata elettorale, lascia sul campo un bel capitale di voti (circa 5 punti percentuali). Come andrà a finire lo si vedrà nei prossimi giorni. Probabilmente Crocetta farà alleanza con Micciché e il suo partito Grande sud, vista la totale indisponibilità del Movimento 5 Stelle ad alcuna alleanza.
Quelli che sono usciti premiati dalle urne e quelli che sono stati penalizzati dal voto dovranno fare i conti comunque con l’astensionismo. E poi c’è la vittoria del Movimento 5 Stelle, che non bisogna sminuire come un voto contro la politica. A me sembra invece di cogliere la voglia dei siciliani di cambiamento, vero e sincero, perché la vittoria è stata limpida, semplice e va seguita con interesse e rispetto. Hanno beneficiato del voto disgiunto e sono balzati dal 2-3 per cento del 2008 al 18 per cento attuale. Bisognerebbe chiedersi perché, piuttosto che accusare gli elettori di aver dato il loro consenso alla protesta. Chi è più accorto nei partiti tradizionali colga con umiltà questo segnale.
Non serve contrastare questo cambiamento. Serve piuttosto penetrarlo, comprenderlo fino in fondo e, finalmente, avviare il cambiamento che gli elettori a gran voce chiedono. Le elezioni politiche sono alle porte e la Sicilia, anche questa volta, ha anticipato i tempi.