La Sicilia in crisi tra aeroporti bloccati e incendi
La Sicilia è stretta nella morsa di trasporti sempre più difficili perché l’aeroporto di Catania, il più grande dell’isola, è stato colpito da un incendio nella notte del 17 luglio. Un incendio inspiegabile, pare partito da un condizionatore e che scatena, ancora oggi, molti interrogativi. Perché si è verificato? Quale la causa? Perché non hanno funzionato i dispositivi di allarme e di sicurezza di cui ogni aeroporto è dotato?
L’incendio ha avuto conseguenze devastanti. Ha fermato l’aeroporto più grande della Sicilia, il sesto d’Italia, lo scalo che da solo veicola, ogni anno, 10 milioni di passeggeri.
Nel periodo clou dell’estate, quello dell’arrivo di turisti e vacanzieri, ma anche delle partenze dei siciliani verso altre mete turistiche, l’aeroporto si è improvvisamente bloccato. Da qualche giorno è stato riattivato il Terminal C, chiuso da tempo, si parla di mettere a disposizione il vicino aeroporto militare di Sigonella. Le ipotesi si sprecano e, in qualche modo, si procede a tentoni.
Nell’immediatezza alcuni voli sono stati cancellati e altri trasferiti negli altri aeroporti siciliani: Palermo, Trapani e Comiso, quest’ultimo, da poco più di un anno acquisito interamente dalla Sac di Catania che lo gestisce direttamente. Comiso è anche il più giovane degli aeroporti siciliani, inaugurato dieci anni fa e purtroppo mai decollato, utilizzato al minimo nonostante le sue potenzialità.
In questi giorni di crisi i tre aeroporti siciliani sono stressati da un superlavoro. Palermo aveva accettato alcuni voli, poi aveva detto stop. La struttura era in sofferenza a causa del forte numero di passeggeri confluiti sul Falcone – Borsellino. Trapani ha accolto molti voli, ma la distanza da Catania è abissale e questo ha aumentato i disagi dei passeggeri. In alcuni casi le compagnie non hanno assicurato i collegamenti, i passeggeri sono stati costretti a raggiungere Trapani con mezzi propri. Anche questo è stato un disagio in più. L’opzione è lasciare la propria vettura in un parcheggio a 250 chilometri da casa oppure prendere un’auto a nolo (con i prezzi che sono svettati verso l’alto).
Comiso è un aeroporto piccolo, con un’aerostazione dalle dimensioni limitate. Anche questo un disagio non indifferente. Molti voli hanno subito ritardi, specie nei primi giorni: questo ha accresciuto i disagi, con i passeggeri costretti a stazionare oltre il dovuto in ambienti piccoli, inadatti a questi numeri. Lo scalo ha effettuato anche 33 voli quotidiani, negli ultimi giorni si è attestato su 20-25 voli giornalieri. Ma è l’aeroporto più vicino a Catania, meno di cento chilometri separano i due scali e questo ha consentito di smistare buona parte del traffico.
Dieci giorni dopo il rogo, però, non c’è ancora una data certa di apertura. Nell’immediatezza si era parlato di una riapertura dopo tre giorni, ma così non è stato. E soprattutto non ci sono prospettive sicure. L’opera di bonifica e di ripristino degli ambienti richiede molto tempo.
Intanto, la Procura ha aperto un’inchiesta per accertare le cause del rogo. Dal sopralluogo dei vigili del fuoco è emersa “la necessità di effettuare ulteriori accertamenti tecnici e strumentali. Gli accertamenti continueranno di concerto con Procura, Prefettura e Sac”. Quindi i disagi continuano e alcuni turisti hanno già annullato le loro vacanze. Un disagio per i vacanzieri che avevano scelto l’isola e sono costretti a rinunciare, ma anche per le strutture alberghiere che li avrebbero accolti.
A Catania è arrivato il presidente della Regione Renato Schifani che, dopo un sopralluogo, si è detto ottimista e ha fatto sapere che il ministro Salvini sta seguendo da vicino la situazione dello scalo catanese.
A sua volta, Matteo Salvini ha presieduto ieri nella sede del Ministero dei Trasporti un vertice, con la partecipazione del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, per affrontare alcune questioni: il caro-voli ( i prezzi, specie per i voli dalla Sicilia, sono schizzati verso l’alto già da qualche mese), le misure sul comparto taxi e Ncc e in merito alla situazione dell’aeroporto di Catania.
Ma quella di ieri è stata una giornata cruciale per l’isola anche su altri fronti: il forte caldo degli ultimi dieci giorni ha avuto conseguenze devastanti. Una serie di incendi si sono verificati in varie zone dell’isola. A Tindari, le fiamme hanno distrutto un autogrill sull’autostrada e hanno lambito il celebre santuario della Madonna Nera.
Fiamme anche nella riserva di Pergusa e nella riserva della Valle dell’Ippari nel ragusano, ma anche in altre aree boschive dell’isola. A Palermo ci sono state due vittime: due settantenni sono stati ritrovati carbonizzati in un’abitazione avvolta dalle fiamme a Cinisi, non distante dall’aeroporto. Una donna è morta nella zona di Santa Maria delle Scale (Pa). Si era sentita male, ma le fiamme hanno impedito all’ambulanza di raggiungerla. Due forestali sono rimasti gravemente ustionati.
Le fiamme hanno lambito l’autostrada Palermo Trapani, una concessionaria è andata bruciata. L’aeroporto è andato in tilt per alcune ore. In fiamme anche la Chiesa di Santa Maria di Gesù e il convento annesso dei Frati Minori: lì erano custodite da oltre 400 anni le ossa di san Benedetto il Moro, patrono della città assieme a Rosalia. L’arcivescovo Corrado Lorefice ha inviato un messaggio: “Con il cuore in lacrime ci rattrista molto comunicarvi che poco è rimasto del corpo di san Benedetto il Moro e del beato Matteo di Agrigento” e il ministro provinciale, padre Antonino Catalfamo ha aggiunto: “Oggi questo luogo va sentito ancora di più come una casa per tutti – continua -, vivendo la solidarietà che c’è stata in questi giorni. La borgata ha testimoniato senso di appartenenza e di famiglia in questo luogo”.
Il forte caldo ha mandato in tilt anche i sistemi elettrici, lasciando al buio le città di Catania e Palermo, ma anche ampie zone del siracusano e del ragusano. In tilt i sistemi di aria condizionata, i collegamenti internet, anche l’approvvigionamento idrico.
La Sicilia è fragile. La storia di questi giorni lo dimostra.