La sfida del patto educativo globale
Ogni epoca ha incoraggiato, invidiato o condannato i giovani. Noi adulti infatti cerchiamo di catturarli nei nostri schemi e ripetiamo ritornelli, come ai tempi di Cicerone, che si lamentava della acconciatura dei ragazzi.
Non dobbiamo pertanto definirli, ma incontrarli: a scuola, in famiglia, nelle piazze, dialogando con loro, con la consapevolezza che le buone idee non hanno età. Dobbiamo cioè favorire la staffetta generazionale tra due secoli, tra noi e quelli che sono nati nel Ventunesimo secolo, senza dimenticare la pesante eredità novecentesca che lasciamo: due guerre mondiali, campi di sterminio, gulag, foibe insieme ad un progresso tecnologico straordinario.
Per questo una riflessione sui giovani oggi non può prescindere da una analisi sui loro padri. Si tratta infatti di una generazione, quella appunto dei padri, con una vita concepita tutta al presente, senza futuro e con poche nascite. Una delle generazioni tra le più infeconde della storia dell’umanità. La generazione X è stata definita. Nati tra il 1960 ed il 1980, dopo i più aggressivi baby boomers, nati intorno al 1950.
I padri dei ragazzi di oggi sono figli della smobilitazione ideologica, seguita alla fine della “guerra fredda” (1989). Vengono descritti, con uno stereotipo, privi di identità sociale marcata, apatici, cinici, poveri di valori. Una generazione tecnologica ma piccola, invisibile, sfiduciata, scettica, che non si è posto il problema della continuità della vita.
Avendo vissuto molto al presente, si ritrova con pochissimi figli. È la generazione che a 20 anni ha visto la demolizione a picconate del “muro di Berlino” e che oggi compie 50 anni. Alla base del crollo delle nascite ci sono ragioni sociologiche, biologiche e politiche, come la mancanza di adeguati programmi di sostegno alle famiglie. Eppure nessuna riflessione sulle condizioni di vita di questi padri spiega la realtà.
I loro genitori erano nati numerosi sotto le bombe. La generazione X è così definita perché priva di una identità sociale chiara, di ottimismo nel futuro e di valori tradizionali. È però tecnologicamente intraprendente. Ha dato una mano notevole all’espansione di internet. Le ragioni del crollo demografico sono culturali e spirituali. Si tratta di giovani di allora che si sono affacciati alla vita adulta negli anni 80, un pasticcio di edonismo, individualismo e ottimismo patinato, giunti alla cosiddetta “fine della storia” (Fukuyama).
Erano i giovani figli del nichilismo punk degli anni 70 e del nichilismo neo-liberista anni 80. Il futuro era scomparso dall’orizzonte di questi padri dei giovani di oggi. Una generazione di prigionieri del presente, che ha bisogno di una conversione culturale e spirituale per tornare a costruire il futuro insieme ai propri figli.
Dream generation
Sono i giovani dei “Friday for future” e delle “sardine”. Cercano un mondo più giusto, senza razzismo e odio. Vogliono salvare la Terra dal cambiamento climatico. Sognano un futuro migliore e tornano in piazza. Hanno riscoperto la” politica”. Usano parole come “comunità” e “bene comune”. Sono impegnati ma fuori dai partiti. Nella stagione di «prima gli italiani», sono spuntati ragazzi che inneggiano alla Costituzione, e premono per l’Europa unita, contro le mafie.
Vogliono essere un movimento politico costruttivo, per facilitare una reazione popolare e tornare alla “politica attiva”. A favore delle persone, dei valori democratici, per riempire un pericoloso “vuoto politico” che invoca l’uomo forte. Scendono in piazza per manifestare contro le bufale e le campagne elettorali permanenti. Vogliono collegare tutte le energie possibili e farle sfociare in un’unica lotta.
Questo per loro significa tornare a fare politica. Hanno una visione nuova della lotta che manifestano con un amore per la Costituzione ed i diritti umani. Sono i figli dell’Europa dell’Erasmus ma si tengono lontani dai partiti. Chiedono democrazia e cultura. Cercano di ricostruire un legame intorno alle piazze, generando discussione. È avvenuto un cambiamento radicale grazie ai social. Vogliono usare questi per tornate alle piazze fisiche e non virtuali. Vogliono lasciare un mondo migliore di quello che hanno trovato. Lontani dai partiti, sono per manifestazioni pacifiche. In questo modo danno l’idea che le cose stiano cambiando perché tanti uno fanno un oceano, come le “sardine”.
Povertà educativa e nuove prospettive dell’educazione, oggi.
Grandi cambiamenti hanno caratterizzato la società negli ultimi 40 anni, sul piano economico, politico, relazionale, valoriale. La società oggi chiede al sistema educativo/formativo di pensare nuovi paradigmi in grado di affrontare la post-modernità.
Scuola, società, Chiesa, comunità sono invitate ad abbandonare i vecchi sistemi educativi, mai sopiti, basati su autorità e forza e investire invece per favorire l’amore per la cultura, per fare spazio a nuove capacità relazionali, con al centro un nuovo modo di interpretare l’uomo.
Non un individuo ma un “uomo mondo”, non più concentrato, come i genitori, sulla sua realizzazione e desideri, ma sulla comunità. Essendo un essere sociale infatti l’uomo si realizza solo nel rapporto con gli altri all’interno del mondo unito.
Questa è la risposta alla povertà educativa contemporanea: un grande Patto educativo globale, lanciato da papa Francesco il prossimo 14 maggio, per un nuovo umanesimo. Chiunque abbia a cuore l’educazione delle giovani generazioni è invitato dal papa a sottoscrivere il Global Compact on education, per generare un cambiamento di mentalità a livello planetario attraverso l’educazione.
Verrà sottoscritto da organismi internazionali, istituzioni, mondo accademico, politico, economico e culturale. «Occorre approfondire la dimensione antropologica, comunicativa, culturale, economica, generazionale, interreligiosa, pedagogica e sociale di questo Patto globale».