La sete di bellezza di Jorge Peña Hen
Suscita indignazione udire qualche irresponsabile parlare di dittatura riferendosi alle misure di prevenzione per evitare di ingrossare la lista dei morti e delle pene causate dalla pandemia. Si mostra in tal modo di non avere idea di cosa siano la libertà e il bene comune, e di cosa sia una dittatura.
In America Latina è ancora molto vivo il ricordo di cosa accadeva sotto le giunte militari, quando migliaia di persone erano detenute illegalmente per poi sparire nel nulla, liquidate perché giudicate sovversive, magari solo per essere finite tra i nomi di un’agenda oppure per una denuncia anonima mai confermata. Tra queste persone ci fu il musicista cileno Jorge Peña Hen.
Qualche settimana fa, ho tratteggiato la storia della venezuelana Glass Marcano, giovane direttore d’orchestra che, dopo aver venduto frutta nel suo Paese sconvolto dalla crisi, ora realizza il suo sogno artistico a Parigi. La musicista deve però la sua formazione alla rete di scuole e orchestre giovanili conosciuta in Venezuela come “El Sistema”, che è stato ispirato dall’esperienza e dalla tenace volontà del cileno Jorge Peña Hen.
Nato in una famiglia legata alla storia del Cile, Jorge nasce nel 1928 sulle rive di una deliziosa baia sul Pacifico, dove si affacciano le città di Coquimbo e di La Serena.
Il suo talento emerge fin da piccolo. A 14 anni aveva superato al conservatorio gli esami di quattro anni di teoria e solfeggio. Un anno dopo aveva già composto la sua prima opera. Figlio di un socialista, il giovane Jorge aveva respirato con la musica idee di giustizia in un Cile poverissimo. Ardeva di passione per la musica e voleva trasmetterla. Padre di due figli, aveva sposato una pianista, si dedicherà per 20 anni, a partire dagli anni ’50, ad una vera e propria pazzia: insegnare musica a bambini e giovani. Riuscirà a far nascere, nonostante forti ostacoli, l’attuale Scuola sperimentale di musica, dopo aver fondato la Società J.S. Bach, l’Orchestra filarmonica di La Serena e varie orchestre da camera in altre città.
Jorge amava i bambini ed era un appassionato professore di musica. Avvertiva il ruolo che l’arte può avere riunendo attorno alla bellezza i giovani di diverse classi sociali, in un Paese che è tutt’oggi fortemente segnato dalla frammentazione sociale. Anche per questo appariva folle la sua idea di avvicinare i più giovani alla musica classica. Eppure, lui percepiva il loro grande interesse e l’emergere dei talenti nascosti. Nacquero così negli anni ‘60 varie orchestre giovanili che si esibirono in diverse città cilene, con tournées in Argentina, Perù, Cuba. Il musicista non esitava a scomodare autorità regionali e nazionali, finanche il presidente della Repubblica, pur di ottenere l’appoggio necessario. Quando si metteva qualcosa in testa diceva ai suoi bambini: “Tra un anno l’avrò realizzato” e, nonostante gli scettici, ci riusciva. Aveva elaborato un Piano di insegnamento sperimentale che dava frutti. La sua idea era di arrivare ad aprire agli adulti il mondo della musica attraverso il talento dei bambini. Grazie a questo sforzo, un terzo dei musicisti cileni oggi proviene da questa regione, che raccoglie appena l’1% della popolazione.
Nel 1973 il Cile precipita nel tunnel della dittatura. I militari fanno sparire anche i fautori di innovazioni sociali, potenziali nemici dell’ordine sociale che si pretende di imporre. Jorge è accusato di nascondere armi negli astucci dei violini e di addestramento militare degli allievi. Una evidente menzogna, perché – commenta la figlia Maria Fedora– “non era un ribelle… anzi, ne era l’antitesi”. Viene ucciso Insieme ad altre 14 persone durante un’operazione conosciuta come “carovana della morte”. Il capo d’accusa redatto dai militari si reggeva su una lista di: “si è detto che…”. Nello scarso mese di prigionia, Jorge continuava a comporre e consegnerà a sua madre una partitura scritta con fiammiferi usati su pezzetti di carta. Nemmeno la prospettiva della morte aveva potuto spegnere la sete di bellezza che voleva trasmettere a piccoli e giovani.
Oggi un monumento a lui dedicato onora la piazza principale di La Serena, ma il vero monumento l’ha realizzato con il suo sogno di un popolo reso unito dalla musica.