La sentenza Eternit e le lacrime
Sono in tanti a scoppiare in pianto, altri sono presi da una soddisfazione così grande che non riescono a trattenere il sorriso. Un sorriso amaro che nasconde però lacrime e sangue, malattie e morti, battaglie legali e di opinione. Il palazzo di Giustizia di Torino è strapieno, sono arrivati da tutta Italia, affrontando neve e gelo, in 1500 per assistere alla lettura della sentenza, dopo 65 udienze iniziate il 6 febbraio nel 2009.
La sentenza di lunedì mattina al processo Eternit a Torino pronunciata alla Corte di Assise di Torino dal Presidente del Tribunale Giuseppe Casalbore farà storia, anzi è già storia. Sono giudicati “colpevoli dei reati a loro contestati” i signori dell’Eternit, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 64 anni, e il barone belga Louis De Cartier De Marchienne, 89 anni, per anni ai vertici della multinazionale dell’amianto, condannati a 16 anni di reclusione per disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure infortunistiche.
La condanna vale per i reati commessi negli stabilimenti piemontesi di Casale Monferrato e Cavagnolo nel torinese, dal 13 agosto 1999 in avanti. Per gli stabilimenti di Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli) i giudici hanno dichiarato di non doversi procedere perché il reato è prescritto.
Lunghissimo l’elenco dei risarcimenti: ai sindacati andranno 100 mila euro, 4 milioni al Comune di Cavagnolo, 15 milioni all’Inail, 5 milioni all’Asl, 20 milioni alla Regione Piemonte, 25 milioni al Comune di Casale Monferrato, all’Associazione vittime dell’amianto 100 mila euro e ad ognuno dei parenti delle vittime costituitasi parte civile andranno 30 mila euro, 35 mila euro di risarcimento per gli ammalati. Il risarcimento ai familiari costerà quasi 100 milioni di euro.
Il capo d’accusa conteneva un elenco di 2.191 morti a ottobre del 2011 e 665 malati a causa delle patologie correlate con l’amianto, circa 4.500 le parti civile, quasi interamente accolte. Il processo Eternit di Torino per i morti e malati d’amianto è stato la più grande causa in materia mai celebrata in Europa.
«È un processo storico – ha detto il pm Raffaele Guariniello che rappresentava l’accusa -. Il più grande processo del mondo ed è la dimostrazione che un processo si può fare anche su tematiche come questa».
A confermare le parole di Guariniello anche la presenza di delegazioni estere. Pietro Rinalduzzi, di origini italiane, presidente dell’associazione vittime dell’Amianto di Caper, nell’Ardeche, ha commentato: «Siamo qui a Torino come associazione perché ci interessa capire come avete fatto a trascinare i vertici di una multinazionale dell’amianto davanti a un tribunale. Da noi ci sono stati dei processi, ma solo di tipo amministrativo, i capi non pagano mai penalmente». L’associazione di Caper conta 150 vittime di mesotelioma mentre in Francia sono circa 3000 i casi individuati.
«La sentenza rende giustizia alle famiglie – spiega a caldo Bruno Pesce, presidente della Aneva, l’associazione che riunisce i familiari delle vittime dell’amianto – e la condanna dimostra che c’erano consapevolezza e dolo. Purtroppo nessuno ci restituirà le vittime e il disastro che hanno provocato è ancora in corso».
Stessa soddisfazione esprime l’avvocato che assiste circa 300 parti civili, Sergio Bonetto: «Finalmente c’è l’accertamento di una situazione che denunciamo da 30 anni: quello che è avvenuto è accaduto per responsabilità di qualcuno: si è passati da una voce alla certezza giuridica».
Tra i primi a commentare la sentenza il presidente della Regione Roberto Cota: «Questa sentenza che rende giustizia alle famiglie delle vittime e a un intero territorio. Ora occorre lavorare per completare la bonifica delle aree e per la ricerca e la prevenzione. Il mio pensiero va a tutti coloro che per molto tempo hanno atteso questo momento».
Le lacrime di tanti, familiari delle vittime e ammalati, ex operai e non solo, sono liberatorie.
«Non ho più parole – dice Giovanni 74 anni ex operaio – ne ho e ne abbiamo spese tante in questi anni. Nessuno ci potrà dare quello che ci è stato tolto ma giustizia è fatta. Ora mi lasci riposare».
La signora Agata è una delle familiari delle vittime: «La giustizia trionfa. Avevamo gli occhi puntati di molte città d’Italia e di altre parti del mondo. Ora speriamo che questa sentenza che rende giustizia a noi, possa favorire dei cambiamenti a livello internazionale».