La seconda vita

Mi avventuro in un grande capannone pieno di mobili usati e di oggetti curiosi, una specie di ospizio delle cose che hanno avuto una storia e ora sembrano non averla più.
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Mi avventuro in un grande capannone pieno di mobili usati e di oggetti curiosi, una specie di ospizio delle cose che hanno avuto una storia e ora sembrano non averla più. Tavoli che hanno ascoltato le conversazioni serali di famiglie ormai disperse, armadi rimasti aperti per ore, davanti a ragazze incerte su cosa indossare al mattino, scrivanie che hanno assorbito i lamenti di studenti poco amanti dello studio. Ogni cosa racconta la sua storia. La mia attenzione cade su alcuni piccoli tavoli triangolari, impilabili, utilizzabili per comporre con geometrie singolari, librerie, scaffali, tavoli quadrati. Scopro che sono componenti di cucina prodotti da una ditta italiana ormai fallita, venduti a una cifra irrisoria. Tanto ormai a chi potrebbero più servire?

 

La mia mente fa corto circuito. Ne acquisto un’intera serie e risolvo nel giro di poche ore l’annoso problema dei troppi libri che ingombrano casa mia. La libreria a base triangolare sembra nata per stare lì dove la colloco, ospitando un numero incredibile di libri. E facendo pure una bella figura.

 

Regalare una seconda vita a un oggetto è una lezione salutare. Ci può insegnare – soprattutto in tempi di crisi – il valore delle cose, la loro possibilità di passare di mano in mano, di venire regalate, senza diventare precocemente scarto o rifiuto da smaltire. La cultura del riuso ci induce a far rivivere gli oggetti, così come le vecchie case e i borghi abbandonati, prolungando la storia di luoghi che hanno un’anima. Aggiusta, riutilizza, reinventa le cose, salvandoci dalla condanna a consumarle. Impiegare il proprio tempo per dare una seconda vita alle cose è un atto di civiltà, di attenzione ambientale, di sfida all’eternità. E insieme paradossalmente è un modo per liberarci dal possederle, dal conservarle gelosamente per sempre. Che liberazione, nello sgombrare le nostre case dalle cose che non usiamo, nel fare circolare i beni che non ci servono.

 

Allo stesso modo, che sollievo nel lasciare spazio nelle nostre esistenze, a una seconda o una terza vita. Per farlo dobbiamo però essere disposti ad abbandonare ruoli, posizioni acquisite, per concederci il lusso di ricominciare da capo. Qualcuno ci riesce e lo guardo con ammirazione. Come Ivano Fossati, uno dei più grandi cantautori italiani, che ha deciso di lasciare il mestiere discografico all’alba dei sessant’anni. Nel pieno delle forze. Lascia, per sentirsi più libero di impegnare altrimenti il suo talento, per trovare tempi di vita diversi, dedicarsi a una vita normale, cedere il passo a qualcuno più giovane. Libero, per una seconda vita.

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