La seconda scelta di Dio

Basta fare quanto abbiamo scritto nei tre precedenti articoli, anche con tutte le imperfezioni in certo senso inevitabili, per amare Dio? O ad un certo momento Dio richiede qualche altra cosa? Per quelli che si sono già donati con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze e anche al di sopra delle proprie forze, ad un certo momento Dio richiede un’altra scelta di lui. In cosa si diversifica, questa, dalla precedente? La prima volta abbiamo capito che Dio andava amato al di sopra di tutto, che dovevamo metterlo al primo posto della nostra vita e, con buona volontà, abbiamo cercato di amarlo con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze. Ma se si potesse sezionare, questa nostra scelta, troveremmo che in realtà contiene un 30 per cento di amore di Dio, un 30 di nausea della mediocrità e vacuità in cui vivevamo, un 15 di gioia ed entusiasmo per il fatto di donarci ad una causa così bella e così santa, magari un 10 di timore per i peccati commessi… Voglio dire che è praticamente impossibile che nella prima scelta ci sia stato un amore totale, un amore pieno. Dal momento, però, che la perfezione è solo nella carità, tutti quei motivi secondari che all’inizio ci hanno aiutato perché venivano avvolti dalla nostra buona volontà e dal nostro slancio di amare Dio, pian piano emergono e ci disturbano. Ed è logico che vengano a galla, perché c’erano già prima, come zizzania che è cresciuta insieme con il buon grano, secondo il Vangelo di Matteo (13,24-30). Si tratta di piccoli attaccamenti, di difetti, di atteggiamenti che non sono proprio santità autentica. Magari non sono nemmeno dei peccati, ma non sono neanche puro amore. Che cosa dobbiamo fare a questo punto? Una nuova scelta di Dio. Volere, cioè, che il motivo di tutta la nostra vita sia solamente l’amore di Dio, l’amore puro, e nessunissima altra cosa. La chiesa dice – parlando in modo particolare dei semiquietisti – che non è possibile su questa terra vivere ininterrottamente per solo amore di Dio. Però si avverte la chiamata a incominciare a vivere solo per lui. Per amore suo Si prende infatti coscienza di quanto prima tutto venisse mescolato, inquinato, e si capisce che bisogna, sì, amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze, però per amore suo, non per qualche altra cosa. È Dio che ci ripresenta la necessità di rifare quest’altra scelta, che è più difficile della prima poiché è così sottile, così divina, che c’è bisogno di una grazia per arrivare a coglierla. E anche quando ciò succede, bisogna vedere se si capisce quali passi si devono fare esattamente nella propria vita. Nella prima scelta, normalmente, per quanto nella gioia, avevamo dovuto fare un passo nel buio. Nel donarci completamente, infatti, ci si presentava davanti tutta una vita senza sapere che cosa ci attendeva. Per cui c’era anche timore nel fare il salto. Lo stesso succede anche in questa seconda scelta: bisogna pure qui fare un salto nel buio. Anche se si sente che Dio ci chiama, può venire tanta paura a fare questo atto di donazione. Ed effettivamente ci si domanda: «Ma io già vivo solo per Dio… devo proprio donare tutto, tutto, tutto, proprio fare tutto esclusivamente solo per Dio?». Ecco la nuova scelta che ci si presenta. Una differenza con la precedente è questa: che invece di farla con gli altri come avviene in genere nella nostra spiritualità collettiva la prima volta, questa nuova scelta la si deve fare da soli, proprio perché il suo motivo formale è l’amore puro di Dio. E il pericolo più forte è che magari si faccia questa scelta, e poi si torni indietro. Perché con la prima, una volta fatta, si viene a far parte di una comunità dove tutti i membri l’hanno fatta. La seconda è puramente spirituale. Uno può farla o non farla senza che, apparentemente, esteriormente, cambi niente. Ci si trova da soli con Dio; ma assieme alla generosità totale con cui vogliamo donarci a lui, c’è la facile possibilità di tornare indietro.

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