La seconda ondata di Covid-19 in Myanmar

Purtroppo la curva dei contagi si è paurosamente impennata e per il Paese d’oro, come viene definito il Myanmar, la situazione si fa davvero difficile. Anche per il delicato momento politico in corso
AP Photo/Pyae Sone Win

I contagi sono inziati a fine luglio nel Rakhine State, lo stato-provincia del Myanmar che confina col Bangladesh, teatro della pulizia etnica contro i Rohingya nell’agosto 2017 e poi dei sanguinosi combattimenti contro l’ala militare dello Arakan army, che vuole l’indipendenza dal governo centrale. Da lì il virus ha fatto presto a viaggiare verso la capitale commerciale del Myanmar, Yangon. Osservando la curva epidemiologica, l’impennata che fino ad oggi non accenna a diminuire è iniziata ai primi di settembre e ai primi di ottobre i contagi sono arrivati a superare i 14 mila, con oltre 300 morti, in 24 ore. Considerando che il sistema sanitario del Myanmar è quasi inesistente, le conseguenze di un’epidemia di Covid-19 di questa entità potrebbero essere disastrose. L’unico modo per frenare i contagi sarebbe un’ulteriore estensione del lockdown, che però, a fasi alterne, sta andando avanti da maggio. La popolazione è stanca, ma è l’unico rimedio per contenere l’epidemia.

La leader di fatto del Paese, Aung San Suu Kyi (Premio Nobel per la pace 1991) ha ribadito che il lockdown, il distanziamento sociale, le mascherine e le misure igeniche sono attualmente l’unico approccio per evitare che le persone affollino i pochi e davvero mal messi ospedali statali.

AP Photo/Aung Shine Oo
AP Photo/Aung Shine Oo

Su questa situazione incombe la delicata transizione politica dal regime militare che ha governato finora il Paese alle speranze riposte nelle prossime elezioni. Su Mon Thant, una giovane politologa ed ex membro del Comitato centrale, ritiene, come ha dichiarato alla testata Asia Times di Singapore, che nonostante tutto le elezioni in Myanmar si svolgeranno come previsto l’8 novembre, e che la Commissione elettorale non cambierà idea a meno che l’epidemia sfugga completatmente di mano alle autorità. Il partito legato ai militari, l’Union Solidarity Party, insieme ad altri 23 piccoli partiti, ha chiesto alla Commissione elettorale di posporre la data del voto, per ragioni legate alla pandemia. Secondo le disposizioni attuali, il lockdown dovrebbe terminare il 7 ottobre e Aung San Suu Kyi ha più volte ribadito, rivolgendosi alla gente, di non preoccuparsi del virus e di seguire le indicazioni fornite dal governo. La data fissata per l’insediamento del nuovo Parlamento è febbraio 2021, e questo significa che le elezioni possono slittare al massimo fino a gennaio. L’accordo con il Tatmadaw (le forze armate nazionali) prevede che l’esercito mantenga il 25% dei seggi in Parlamento e tre ministeri. Ma le elezioni saranno comunque un passo avanti.

Aung San Suu Kyi rimane popolarissima nelle campagne e tra la gente più semplice, anche se ha perso sostenitori nella classe media delle città, che aspirano a cambiamenti economici più decisi e ad uno sviluppo più veloce del Paese.

Il vero problema adesso rimane il lockdown. In una città come Yangon, che contribuisce da sola a un quarto del Pil del Paese, dopo 5 mesi di lockdown la situazione economica, già precaria prima della pandemia, è sull’orlo del collasso, con la maggior parte delle aziende chiuse per il contenimento del virus. Le conseguenze dal lockdown si sentiranno per i prossimi anni e ne saranno colpite soprattuto le classi più povere. «Yangon doveva essere isolata molto prima con un intervesto drastico, all’inizio della seconda ondata con le prime notizie arrivate a settembre dal Rakhine State», ha affermato Thaw Zin, proprietario di un ristorante nella zona centrale di Yangon. Anche Thiri Linn, proprietaria di una piccola impresa di lavorazione del bambù, è stata costretta a chiudere l’impianto produttivo a fine settembre, lasciando lei e i suoi lavoratori letteralmente privi di risorse.

Molti attendono che il vaccino cinese, promesso da Xi Jinping a tutti i paesi bagnati dal fiume Mekong, possa rappresentare presto un’ancora di salvezza. Auguri, Myanmar, Paese dove risplendono come l’oro non solo le mille pagode e il legno di teak, ma anche la gentilezza e l’accoglienza della sua gente.

 

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